Archivi autore: Franco Belmonte

Informazioni su Franco Belmonte

Born 1952. Degree in Biological Sciences University of Genova, Italy. Researcher, CNR of Italy 1977-'80 (neurochemistry) then various task related to biology till now. Active Member and Certified Trimmer of the American Hoof Association. Didactic activity: equine podiatry and nutrition. Area of interest: evolution and physiology. Airline pilot and flight instructor for living 1981-2002.

The horse’s Hoof n.52 e newsletter del sito.

L’introduzione alle traduzioni del n°52 di The Horse’s Hoof e newsletter di bitlessandbarefoot-studio.org – ottobre 2013

Sulla copertina di questo numero, l’ultima copertina di carta di The Horse’s Hoof , che dal prossimo numero verrà edito solo in PDF, è rappresentato un passaggio sul monte Crawford. Il cavallo é Stars Aflame arabo di 11 anni, l’amazzone Rose Ross. Con una certa amarezza Yvonne rinuncia alla edizione tradizionale stampata, il costo per la stampa e l’invio sono troppo alti per una pubblicazione che ha abbonati sparsi intorno al mondo con una tiratura limitata.

Anche questa volta é stata una maratona tradurre gli articoli che mi arrivano solo un paio di giorni prima della edizione. Sono riuscito a tradurre praticamente tutto, dalla prossima uscita farò una selezione maggiore. La prefazione agli articoli dovrebbe essere utile a inquadrare meglio ogni argomento. Il corsivo identifica note e commenti, introduzioni. Fatevi vivi, si campa di soddisfazioni. Se avete storie e considerazioni da raccontare o da fare inviatele all’editore in lingua inglese oppure a me. La newsletter riguarda:

 Il programma 2013-14

 Il pareggio e la tendenza

 La IBHA e l’unificazione

 La Equine Fusion e Fabrizio Gennenzi

Continua a leggere

Sindrome Navicolare? Cosa é. Come si previene ed affronta.

ENGLISH READER CLICK HERE : Navicular Syndrome Notes

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Appunti dalle lezioni di Franco Belmonte. In memoria di James Rooney, DVM, patologo.

  • Prefazione
  • Introduzione
  • Definizione, cause. L’etica?
  • Identificazione
  • Il barefoot movement. Ramey, Strasser, Jackson, Hebrock…
  • Ovnicek e l’Adams’
  • Farmacologia e Chirurgia
  • Rooney, anni ’70! The lame horse.
  • Ridefiniamo la S.N.
  • Bibliografia

Prefazione

Questa introduzione, note e commenti sulla Sindrome Navicolare, é tratta dalle lezioni ed incontri formativi per pareggiatori e proprietari di equidi organizzati da bitlessandbarefoot-studio.
Se trovate alcune parti difficoltose da comprendere considerate che sono appunti indirizzati soprattutto agli apprendisti pareggiatori ed ai proprietari che hanno seguito gli incontri didattici, utili come traccia e riepilogo. Ma i termini sono semplici, nessuna o quasi parola di derivazione greca o romana. Partecipate, scrivete, telefonate. Insomma bussate e vi sarà aperto. Se siete stati colpiti in prima persona non spaventatevi e non lasciatevi andare. La gestione di un animale “navicolitico” non è drammatica né costosa, almeno economicamente. I risultati a lungo termine confortanti. Non è necessario sopprimere gli animali perché non è affatto vero che sono incurabili . E’ garantita una vita dignitosa senza dolore e vari livelli di performance con o senza scarpette a seconda della estensione e gravità del danno.

Dopo questa lettura, per una migliore comprensione dell’argomento, vi suggerisco di procurarvi “Under the Horse” DVDs serie di Pete Ramey. Tutta l’opera è dedicata a S.N. e laminite. Il disco n° 4 esclusivamente alla S.N.  Per un prezzo irrisorio, addirittura inferiore ai due dollari, trovate ancora su amazon.com un libretto del dr. Rooney. Un libro di 40 anni fa che tutti dovrebbero studiare attentamente prima di pretendere una prestazione dal proprio cavallo. Se leggete queste pagine non in originale ma copiate altrove, fate riferimento al sito bitlessandbarefoot-studio.org per tutti i rimandi. Se riscontrate errori o nutrite perplessità comunicatemeli. Non mi offendo né per gli errori né dei commenti.

osso navicolare eroso, dr. Kellon

osso navicolare eroso, dr. Kellon

 

2- il sesamoide distale (navicolare) e la sua relazione con seconda e terza falange. A destra il tratto bianco identifica la posizione della articolazione interfalangea distale rispetto alla linea del pelo nel piede sano

2- il sesamoide distale (navicolare) e la sua relazione con seconda e terza falange. A destra il tratto bianco identifica la posizione della articolazione interfalangea distale rispetto alla linea del pelo nel piede sano.

Introduzione

Iniziamo con qualche definizione. Magari noiosa e solo abbozzata ma utile a definire l’argomento di discussione.

La Sindrome Navicolare, che proverò a ridefinire in chiusura, è uno dei motivi più comuni di dolore e zoppia nei cavalli. L’origine é localizzata nella parte posteriore dello zoccolo. Si dice “Syndrome” oppure “Disease” a seconda della possibile o non possibile attribuzione di responsabilità del male. Solo quando, tra le altre parti, le ossa hanno iniziato ad essere interessate e si possono riscontrare radiologicamente alterazioni che si considerano permanenti si parla di disease, malattia. Negli altri casi di sindrome. Una buona definizione di sindrome: con il termine sindrome si intende, in medicina, “un insieme di sintomi e segni clinici che rappresentano le manifestazioni cliniche di una o diverse malattie indipendentemente dall’eziologia che le contraddistingue”. Visto che mi sono smentito subito circa il lessico lasciatemi spezzettare la parola. Sin deriva dal greco e significa insieme. Un insieme appunto che concorre a formare un quadro, non ben interpretabile secondo alcuni, assolutamente chiaro per noi pareggiatori delle scuole di Pete Ramey e Jaime Jackson grazie al dr. Rooney, ai ricercatori che lo hanno seguito ed alle nostre osservazioni. Se vi trovate già in difficoltà saltate tutto e leggete direttamente la traduzione dal libro del dr. Rooney per poi tornare da me. Mentre la nostra sindrome è sempre associata a sensibilità o dolore, le alterazioni permanenti subite dalle ossa che ad essa possono seguire ed accompagnarsi, possono essere silenti se il resto della struttura, i tessuti circostanti molli, riescono a recuperare la funzione e l’insieme si é stabilizzato ed adattato. E’ per questo motivo, il ritardo nel coinvolgimento e la diversa capacità di recupero dei vari tessuti, tendini, borse, vasi, ossa, che animali con evidenze radiografiche possono risultare “sound” e animali radiologicamente apparentemente integri invece doloranti e zoppi. Perché?

Un problema ha inizio nell’intorno dell’osso navicolare ma solo successivamente lo interessa. In seguito magari l’animale recupera e solo l’osso rimane permanentemente danneggiato. Perchè questo può avvenire? Perchè la parte posteriore del piede diviene dolorante, infiammata e può andare incontro ad un degrado permanente? Con il tempo ed il passare degli anni, durante gli ultimi due secoli, la responsabilità é stata attribuita a tre distinte ragioni.

Vascolare, degenerativa, meccanica.

  1. Vascolare, riduzione nell’arrivo di nutrienti ed ossigeno nella zona con conseguente sofferenza. Se i tessuti non mangiano e non respirano non possono crescere, mantenersi e lavorare.
  2. Degenerativa. Per un non meglio precisato motivo, magari ereditario, inizierebbe un processo di degrado.
  3. Meccanica. Attriti, calore e vibrazioni, logorano tessuti non più ben organizzati, sottoponendoli a forze di intensità e direzione per cui non sono stati progettati. 

Farò riferimento onesto e diretto alla 5° edizione dell’Adams’ di Ted Stashak commentandola diffusamente ed a volte riportando la pagina. Chi vuole approfondire l’argomento, dopo avere letto questo mio lavoro, può leggere ”Adams’, lameness in horses” ed il libro del dr. Rooney “The lame horse” di cui riporto qui in questa monografia un famoso passo in chiusura, in lingua originale ed in italiano. Questi due libri a parte per il volume differiscono notevolmente per impostazione.

Occupiamoci di etica per qualche riga. “The lame horse” di Rooney è un libro di medicina. Pur consapevole della ristrettezza dei mezzi a disposizione del veterinario, o del proprietario, ha come obiettivo costante il recupero, la guarigione. Ad ogni problema e zoppia del cavallo cerca di assegnare un perché e attribuire responsabilità, la responsabilità del proprietario o conduttore o addestratore nel far compiere movimenti non propri o sforzi eccessivi all’animale per incapacità, fretta o avidità. L’Adams’ al contrario è un libro di tecnica dove all’animale non si da alcuna possibilità se non quella di continuare il suo lavoro e servizio. Nessuna sensibilità. La sensibilità metterebbe in crisi il sistema. Un proprietario di un animale da lavoro o da corsa si aspetta sempre di trarre da esso un utile non di appesantire il bilancio. Il veterinario è istruito, addestrato, per questo. Sa come aggiustare “il pezzo” subito ma spesso solo temporaneamente applicando tecniche atte a desensibilizzare, non a curare. Per la piena comprensione di questo comportamento e di ciò che viene proposto al proprietario di un cavallo, o da lui richiesto, vi invito a leggere il libro della dottoressa Strasser: “Shoeing, a necessary evil?”. La speranza é quella che un giorno, finalmente, l’università prepari sia medici che tecnici. Alimentaristi oltre che tecnici per la produzione di latte e formaggi. Senza compromessi. Si saprà almeno quali sono i principi le scelte e la formazione che appartengono a chi di volta in volta decideremo di affidare i nostri animali.

Ma, tornando alle cause, le sperimentazioni sul sistema vascolare (teoria vascolare) condotte in laboratorio non hanno fornito dati attendibili statisticamente o riproducibili, animali cui sono stati indotti sperimentalmente danni vascolari non hanno risposto come si poteva prevedere mentre quelle direttamente degenerative (teoria degenerativa) non sono affatto sostenibili. (Tratto dall’Adams’, pagine 664 e seguenti). Piuttosto si può credere ed affermare che difetti, pareggio errato, la ferratura 12 mesi l’anno, sbilanciamento, sono causa di applicazione di forze non sostenibili nel tempo dalle strutture. Tutte le cause vengono ricondotte alla stessa matrice, zoccoli “piccoli”e contratti, pesi eccessivi, lavoro non pertinente. Non si punta il dito però, nell’Adams’, contro la ferratura come causa prima della riduzione del flusso di nutrienti ed ossigeno nella zampa e nel piede. Non si può. La ferratura é parte integrante del sistema, provvede a mantenere ed alimentare rendite di posizione pur essendo resa anacronistica dall’utilizzo moderno del cavallo e dalla nuova tecnologia dei materiali.

Per tutti i danni indotti dalla ferratura vi rimando nuovamente ai libri della Dr. Strasser: “Shoeing,a necessary evil?” e “Navicular no more”. Non appartengo alla sua scuola ma nessuno meglio di lei se non il dr. Tomas Teskey ha mai criticato espressamente con tale chiarezza e vigore le male pratiche dei suoi colleghi.

Nel movimento barefoot, i naturalisti e ricercatori che nelle università ne sono puntello e giustificazione teorica, pongono l’accento sulla IGIENE del piede e del fettone e sullo sviluppo e robustezza della parte posteriore del piede (dr. R. Bowker) oppure su altezza di talloni e barre (dr. H.Strasser), sviluppo e maturazione delle strutture conseguito grazie al movimento, grandi spazi, relazione sociale, alimentazione adeguata e continuata nel tempo, pareggio tecnico. In breve le varie cause invocate dalla tradizionale mascalcia, soprattutto quella ereditaria e degenerativa, sono ritenute indirette e secondarie al difetto di gestione, che deve essere rimosso insieme all’adozione di una meccanica che restituisca il piede alla fisiologia. La ferratura è ritenuta, insieme all’errato pareggio la causa prima di malattia. Comprendete che é scomodo e costoso assumersi una responsabilità di gestione da parte del proprietario. E molto scomodo da parte dei professionisti criticare i proprietari. E’ molto più facile attribuire i danni al caso, al terreno ed alla selezione e molto più redditizio per i professionisti del settore proporre soluzioni che prevedono interventi prolungati nel tempo. Se in seguito tutto va storto la diagnosi era corretta ed il male aggressivamente progressivo si può sempre cambiare cavallo. Togliere la vita ad un animale sofferente non é un atto di pietà? Anche i commercianti  così ricevono la loro parte. Secondo i barefooters, proprietari di cavalli e professori universitari della avanguardia anglosassone, é la meccanica sfavorevole del piede ferrato o anche scalzo ma non pareggiato rispettando i rapporti naturali fra le parti a provocare infiammazione, deterioramento generale, dolore. Il dolore che a sua volta viene gestito dall’animale con posizioni, movimenti ed appoggi che aggravano il quadro. La tecnica veterinaria comune rinuncia alla risoluzione, alla guarigione, a favore dell’utilizzo dell’animale. ORA! Adesso. Nell’immediato. Come? Con la ferratura che viene chiamata correttiva o ortopedica, ancora più limitante e restrittiva delle deformazioni elastiche che lo zoccolo sotto carico compirebbe, l’effetto anestetizzante determinato dalla ridotta perfusione e immobilizzazione rende possibile l’utilizzo del cavallo. Il meccanismo dello zoccolo, già fortemente limitato dalla ferratura semplice viene maggiormente impedito dalla correttiva, il flusso di sangue ridotto, le terminazioni nervose addormentate. Cosa percepisca il cavallo non è facile immaginare. Forse la stessa condizione che proviamo dopo un lungo periodo di immobilità.

Identificazione

L’animale inciampa, cerca di deviare il suo peso in modo da non gravare sui talloni, posa prima le punte degli zoccoli. Se sventuratamente il vostro cavallo entra nel tunnel della S.N. potete aspettarvi che chi chiamate compirà alcune manovre ed osservazioni. All’animale si fa poggiare la punta dello zoccolo su un rialzo, per un tempo limitato che l’Adams’ suggerisce di 60 sec. La compressione risultante sulla zona posteriore del piede, la tensione cui sono sottoposti i tendini flessori, esacerba il dolore e la zoppia. Il cavallo, dopo avere tenuto lo zoccolo sul rialzo, peggiora, la zoppia ha un grado più elevato.

Una altra tecnica di evidenziazione è il sondaggio con le pinze sulle parti centrale ed anteriore del fettone che evoca dolore se le sottostanti parti sono compromesse. Sull’Adams’ viene fatto notare al riguardo che fettoni “troppo spessi” o suole troppo spesse possono essere di ostacolo alla operazione di sondaggio. Non posso fare a meno di rilevare che fettoni “spessi” o sani corrispondono a piedi non contratti e difficilmente possono essere associati a dolore nella parte posteriore del piede e quindi alla sindrome. Lo stesso si può dire di suole spesse. Ma queste dovrebbero essere ben distinte dalle suole ricoperte di soprasuola. Una suola spessa è propria di un cavallo con uno zoccolo ben conformato, sviluppato e performante, difficilmente zoppo. Una soprasuola invece, nella parte anteriore del piede, comporta un angolo palmare o plantare negativo con compressione del navicolare schiacciato tra terza, seconda falange e tendine flessore. (Quando nomino il flessore senza specificare intendo quello profondo). Si realizza la stessa condizione che si viene a creare quando si mette il cuneo sotto la punta dello zoccolo. L’accumulo di materiale corneo sotto la suola può avere varie origini. In tutti i casi è il pareggio che manca o che è stato effettuato a lungo malamente o il movimento. Purtroppo la scarsa preparazione e la mancanza di un modello di riferimento impediscono al professionista non barefoot l’identificazione immediata di questo problema e l’avvio altrettanto immediato alla risoluzione. La deformazione degli zoccoli ferrati é talmente comune che diviene la normalità nei maneggi, sui libri ed alla osservazione.

Sull’utilizzo delle pinze per sondare, “hoof tester”.

Trascrivo dalla pagina 197 di “The Natural Trim” di Jackson: Some vets and farriers will deploy the notorious hoof tester (e fa riferimento ad uno zoccolo trascurato con talloni scivolati, materiale incoerente sulla suola, contratto, parete sbocconcellata qua e la, insomma il classico zoccolo sicuramente dolorante sul quale usare la sonda è come sparare sulla croce rossa), a mechanical device that grip and squeezes the hoof to pipoint pain within the hoof capsule. This procedure is unnecessary and could cause damage….Beware! E continua nella didascalia della illustrazione: Let’s get these medieval torture device banned. Harmful, unnecessary, barbaric.

Discutendo con il dr. Stefano Parduzzi, ortopedico all’ospedale civile di Bolzano:

Lo zoccolo e tutto il piede equino nell’insieme é caratterizzato da una alta densità. In questo mezzo le pressioni possono essere trasferite con facilità. Di conseguenza un problema può essere evidenziato ed evocare dolore anche se i punti di applicazione delle pinze ne sono lontani. La specificità diagnostica non può che essere bassa.

Io stesso non uso volentieri le pinze. Le trovo inutili. L’ultima volta me le mise in mano un veterinario che stimo, lucido, acuto e progressista, il dr. Contarini di Catania. Probabilmente si è accorto che ne ho fatto un uso timido. Se avete un elefante in un negozio di cristalleria non serve studiarne le mosse e raccogliere i cocci, forse é meglio farlo uscire se non si é stati capaci di non farlo entrare. Quel cavallo era palesemente nella posizione del proprietario del negozio.

Altra procedura diagnostica descritta sulla?Adams’ è l’anestesia del nervo digitale palmare. Digitale perchè si trova nel dito, palmare perchè nel piede anteriore del cavallo che corrisponde alla nostra mano. Il palmo è della mano, la pianta appartiene al piede. Questa procedura non è tuttavia specifica per l’identificazione del problema, se gli autori tengono ad annotare che (specificity was 0%, ) !!! Infatti in uno studio su 164 cavalli sottoposti ad anestesia locale lo stesso esito ed osservazione sono stati ottenuti in animali la cui zoppia era riconducibile a cause diverse: frattura della falange, trauma o degenerazione della articolazione tra terza e e seconda falange, infiammazione di tessuti circostanti, osteoartrite, laminite, frattura dei processi, danni alle cartilagini alari, fratture varie. La specificità della tecnica é pari allo zero per cento! Pagina 668. La conclusione è che i blocchi non possono differenziare fra “navicular pain, coffin joint pain, sole pain or other causes of heel pain” ( traduzione letterale dall’Adams’, il libro di testo che dovrebbe formare veterinari e tecnici e testo di elezione in tutte le Università del mondo). Testo non benevolo nei riguardi del barefoot cui solo nella 5° edizione si dedicano alcune pagine, un paio su un totale di 1174. I diversi siti d’inoculazione di anestetico, continua, non hanno dimostrato un valore diagnostico migliore.

All’esame radiografico si possono valutare alterazioni, calcificazioni, mutazioni nei rapporti spaziali tra le varie parti. Purtroppo la radiografia è in grado di evidenziare degenerazioni già presenti e stabilizzate. In uno studio condotto su 49 cavalli (ancora Adams’, pg.671) tramite sola radiografia non si sarebbero potuti evidenziare severi casi patologici, non potendosi osservare i tessuti molli che invece “per primi ed a lungo sono sottoposti allo stress di una meccanica sfavorevole”, (Rooney, The Lame Horse).

Il dr. Rooney già nel suo libro, pubblicato nel ’74, identificò nell’atterraggio di punta la causa della abnorme sollecitazione, infiammazione e deterioramento del tendine flessore profondo e del dolore nella parte posteriore del piede. Infiammazione e degenerazione si propagano in seguito alle strutture con cui il tendine è in contatto o relazione. Ancora sull’atterraggio di punta troviamo l’unico dato per me statisticamente significativo riportato dall’Adams’: Il 99% (novantanove per cento!) dei cavalli cui si era attribuita la S.N. atterrava di punta. Il dr. Rooney negli anni ’60 fu in grado di riprodurre in laboratorio utilizzando monconi di zampa di cavallo sano le stesse lesioni che riscontrava in animali zoppi che giungevano dopo essere stati sottoposti a eutanasia accompagnati da cartella riportante diagnosi di S.N. Montando i monconi su una macchina e facendoli impattare di punta poteva riprodurre le stesse alterazioni in tendine e navicolare visibili in cavalli cui era stata diagnosticata la S.N. Grazie alla sua attività di patologo osservò:

  1. la presenza di lesioni al tendine flessore ed all’osso navicolare,
  2. spesso lesioni al tendine e non al navicolare,
  3. mai una solo volta si trovò di fronte ad un osso navicolare eroso o rimodellato accompagnato da un tendine sano.

la degenerazione del tendine precede sempre quella dell’osso. Questo avrebbe dovuto far abbandonare già da 40 anni qualsiasi motivazione che non fosse di origine meccanica.

Possono essere utilizzate con migliore capacità diagnostica altre tecniche, scintigrafia, TAC o MRI. Soprattutto la risonanza magnetica ha un senso ma il loro costo, il trasporto in clinica (quale?) e la necessaria anestesia ne rendono l’uso marginale. Nessuna diagnostica è in grado di migliorare lo stato del cavallo, seguendo tecniche di “natural boarding” queste patologie non insorgono o recedono rendendo inutili i tentativi diagnostici e la stessa ricerca. La diagnostica per immagini può tuttavia aiutare a fare una previsione sulla performance che ci si può attendere dal cavallo a lungo termine. Ma attenti, se il professionista non è sensibile sarete sollecitati a prendere provvedimenti che con la guarigione e stabilizzazione hanno poco a che fare.

Continuando sulla traccia dell’ Adams’ … i cavalli con evidenze radiografiche minime hanno grandi speranze di riprendere vita sportiva. Casi più avanzati vengono trattati “tradizionalmente” secondo i canoni della mascalcia correttiva, vedremo più avanti cosa detta Ovnicek, realizzando di fatto la possibilità di utilizzare immediatamente o a brevissimo termine l’animale. Ma nessun intervento é descritto come risolutivo o duraturo. Anzi, se la “malattia” è reale e non si tratta di “sindrome”  vengono riportati periodi brevi di soundness e/o nessun controllo a media e lunga scadenza. Che fine fanno quegli animali?

Il movimento barefoot e l’intervento

Il movimento barefoot ma soprattutto coloro che abbracciano la filosofia ironfree non sono legati a filo doppio alla prestazione ed all’utilizzo dell’animale “da reddito”. L’obiettivo non è quello di rendere disponibile l’animale alla competizione prima possibile bensì riabilitarlo al livello più elevato possibile senza o con poco riguardo al tempo necessario. Di conseguenza il ferro, che di per se stesso riduce l’ammortizzazione e l’afflusso di sangue allo zoccolo e quindi anestetizza e danneggia ed a maggior ragione il ferro correttivo che separa ulteriormente lo zoccolo dal contatto con il terreno non vengono utilizzati. La ferratura è considerata uno dei fattori che precipitano il cavallo verso il mancato sviluppo quando puledro e la successiva degenerazione della parte posteriore del piede una volta adulto. Ogni sua applicazione quindi un controsenso. La sensibilità (dolore) fa si che il cavallo cerchi una compensazione spostando il suo peso in avanti quando é fermo o posi lo zoccolo di punta quando in movimento. Atterrare di punta e poi caricare il peso mentre il tallone tocca terra sottopone i tendini ad un lavoro maggiore. Un lavoro maggiore ed improprio, quindi usura. Insieme al tendine flessore profondo tutta l’area va incontro ad infiammazione, erosione, graduale perdita di funzione e rimodellamento. (Tendine flessore profondo che grazie all’osso navicolare su cui scorre mantiene un costante angolo di inserzione nell’osso che provvede a far muovere, la terza falange, come vi dirà Rooney). Sollevare il tallone da terra, negare l’appoggio al fettone ed il lavoro a tutte la parte posteriore del piede dà indubbiamente sollievo ma comporta nello stesso tempo l’atrofizzazione progressiva con conseguente necessità nel tempo di ulteriore incremento della separazione da terra e aumento della pendenza dello zoccolo. La pendenza, aumentata, sottopone a stress la parte anteriore del piede, danni alla connessione laminare “e la possibile fine del cavallo”. La terza falange, aumentando la pendenza, punta verso il basso comprimendo e danneggiando il derma interposto tra se stesso e la suola. Per migliore visualizzazione immaginate una donna con un tacco 12 costretta a correre magari su terreni accidentati. E immaginatela pesante. Se il tallone non è un problema tutto il resto si.

Con l’accurato studio e programmazione della altezza dei talloni ed il pareggio oculato delle altre parti dello zoccolo, facendo esercitare il cavallo su terreno penetrabile adeguato alla circostanza, è possibile interrompere l’atterraggio di punta e con esso i danni provocati alla parte posteriore del piede ed indirettamente a quella anteriore. Con il movimento ed appoggio corretto si promuove il rafforzamento della parte posteriore del piede. Obiettivo, sottoporre a limitata pressione la parte posteriore del piede in modo da consentirne l’esercizio. Se la pressione è eccessiva il dolore immobilizza il cavallo, la pressione insufficiente o nulla lascia invece che il sistema continui la sua strada verso un degrado maggiore. Solo con la maturazione delle strutture nel tempo diventa successivamente possibile la riduzione della altezza dei talloni. L’aumento di densità e resistenza dei materiali permette la riduzione delle sezioni o la diminuzione degli spessori. Durante la riabilitazione la scelta del terreno e la protezione con le scarpette rappresentano il problema quotidiano dell’allenatore infermiere che provvede ad inserire solette di diversa densità e spessore all’interno delle scarpe alla ricerca della soluzione più comoda ma nello stesso tempo stimolante per il cavallo.

Una conversazione con Pete: Yeah, I still go through the same routine I ‘always’ have: I experiment with no pads, thick pads, thin pads, etc. in a boot to try to find the best movement. If I find a combo that helps, I glue it on or use turnout boots with that setup, depending on the situation. I still can’t predict whether a horse will like increased or decreased frog pressure. I just have to experiment. october 6, 2013 / 7.54 PM

Pensate a paradossali altezze dei talloni? Non è così. I cavalli navicolitici, ferrati o no, provengono da situazioni di abbandono o negligenza. Ferrati a intervalli economici o malamente per 12 mesi l’anno o ferrati nonostante la scadente condizione per consentire la continuazione dell’attività. Se lasciati scalzi, sono pareggiati con talloni troppo bassi (dolore) o troppo alti (inattività e infezione del fettone). Il comune denominatore è l’ignoranza o la superficialità. Spesso è sufficiente riportare la capsula alle dimensioni e rapporti corretti. La protezione delle scarpe e delle solette fa il resto senza molti grattacapi.

Se noi della American Hoof Association lasciamo un tallone più alto di quello che crediamo sarebbe giusto in situazioni normali è solo di qualche mm. In pratica il pareggiatore prende nota dell’altezza dei talloni ad ogni visita. La variazione della altezza dei talloni rispetto al piano della suola all’angolo di inflessione informa sull’usura cui essi sono sottoposti e quindi sulla modalità di atterraggio del piede. Una altezza di talloni maggiore riscontrata al pareggio successivo indica un consumo ed un appoggio ridotti, la parete ai talloni in questo caso viene prodotta ma non consumata. Il consumo ridotto significa in alternativa atterraggio continuato di punta o (attenzione!) se il consumo é ridotto lungo tutto il perimetro dello zoccolo, movimento insufficiente. Il movimento insufficiente è a sua volta determinato dalla restrizione di movimento imposta dall’uomo o da esagerata sensibilità (dolore) che va affrontata adeguando il terreno, spostando il cavallo o calzando protezioni. In tutti questi casi il pareggiatore può anche accettare la nuova altezza dei talloni senza abbassarli di nuovo ad ogni pareggio. Chi lo facesse confida esclusivamente sulla decontrazione facilitata dal tallone basso e fa solo riferimento a modelli. Va invece contemperata la azione in base alla circostanza,  soprattutto se non ci si può affidare ad una protezione più adeguata o un terreno più idoneo. Sarà il cavallo di volta in volta a “dimostrare la possibilità” di provare un tallone più basso camminando più disinvolto e mantenendo inalterata o prossima alla precedente la profondità delle lacune collaterali al fettone (altezza dei talloni). Nel caso più fortunato di mantenimento della altezza dei talloni costante nel tempo (consumo che indica l’atterraggio di tallone) e miglioramento della performance su ogni terreno o almeno su terreni non particolarmente aggressivi si può pensare di ridurre gradualmente l’altezza dei talloni e di conseguenza la pendenza della terza falange che si può ricondurre più o meno lentamente nella norma che Ramey identifica nel range 3°-8° ed altri tecnici in un più limitato intervallo compreso tra 3°-5°.

Il temporaneo aumento della altezza dei talloni su terreno resistente ma soffice non altera l’allineamento dell’asse digitale del cavallo poiché la parte posteriore del piede può penetrare. Ma all’impatto, in movimento, le strutture interne sono sollecitate di meno. Non sono in prima linea pur non essendo totalmente escluse. E’ da notare che queste riduzioni progressive debbono essere effettuate con la massima cautela. Una riduzione della altezza del tallone di 2-3 mm. si traduce in una riduzione di pendenza di 1°. E’ necessario tempo e pazienza.

La eventuale sovrapposizione di altre patologie che causano deformazioni dello zoccolo, prima fra tutte la laminite dovrebbe essere tenuta in debito conto nella realizzazione del pareggio. La sintesi dei principi é espressa nel protocollo di riabilitazione Ramey-Taylor.

Non tutto il movimento barefoot è unito nella espressione di una unica tecnica. Chi mette l’accento su forma e proporzioni assolute dello zoccolo non concepisce nè accetta un tallone temporaneamente più alto o l’utilizzo di una scarpetta. Anzi ritiene ogni scostamento dalle proporzioni ideali un danno in ogni modo. Riporto un passo di John Hebrock, istruttore di “Liberated Horseman”. Chi non conosce questo gruppo sappia che L.H. è una creatura di J. Jackson passata sotto la guida del dr. Noch. Potete trovare dei riferimenti storici nell’articolo “Cronologia del movimento barefoot” su The Horse’s Hoof , numero 50. In italiano nella pagina Letture di questo sito.

I hope you’re beginning to understand that the forces at work on the hoof are absolutely relentless, constantly at work reshaping it to permit the horse to land and break over with minimal resistance with every step. Just as I can’t change the basic forward motion of the car by changing the tire, the forces shaping the hoof aren’t altered by manipulations at the ground level because motion doesn’t originate at the ground. So anything you do that resists a minimal-impact landing and a minimal-resistance breakover can only be negative; you can’t improve the motion of the horse beyond his conformation, but you certainly can cause long- and short-term damage to joints and soft tissues, depending on the nature, location, and extent of the “resistance” you force upon the horse’s hooves. As I like to say, a hoof care provider has, in reality, only two choices: he or she can either help the horse achieve that minimal-resistance landing and breakover, which requires an acknowledgement of any shortcomings in the horse’s conformation, or he/she can stand in the way of long- and short-term comfort and soundness by deliberately or inadvertently departing from proper balance. I choose the former. By S.Hebrock (liberated horseman)”.

Lasciando Hebrock e l’integralismo delle forme per la dott. Strasser il modello Jacksoniano di zoccolo non trova più spazio . Almeno in questo caso. Alla pendenza dello zoccolo del cavallo non si attribuisce un valore individuale ma dato e da conseguire. Di conseguenza i talloni vengono trattati in modo da raggiungerlo e mantenerlo. I talloni diventano particolarmente bassi ed il posto dove il cavallo viene fatto esercitare assume la massima importanza. Questo non deve stupire, barre poco più che sporgenti dal piano della suola, talloni che sostengono una pendenza maggiore di quella di 45° per gli zoccoli anteriori sono visti come la causa di tutti i i mali. Insieme alla ferratura. Secondo quanto scritto dalla dr. Strasser nel suo libro “Navicular, no more” la ferratura e la conseguente scarsa perfusione del sangue o il pareggio che trascuri di conferire allo zoccolo la pendenza desiderata determinano pressioni indebite nell’area del navicolare e sono le sole cause della malattia. La Strasser non prende in considerazione una sola volta nel suo libro l’azione distruttiva dell’atterraggio di punta su tendine prima e navicolare poi. Il tendine flessore, cavallo di battaglia di Rooney, non é mai nominato.

Credo che tutto il movimento barefoot però si ritrovi unito sulla identificazione del punto di involo, breakover, anche se la sua meccanica è raggiunta diversamente lavorando più dal basso che dall’alto o viceversa e più o meno aggressivamente. Per la disamina e confronto di queste tecniche, non tutte appropriate, sarebbe necessario un apposito articolo.

E’ utile sottolineare il ruolo determinante del fettone. Un fettone malandato per la scarsa IGIENE é dolorante ed é la prima causa di dolore nella parte posteriore del piede. Il dolore determina contrazione di per se e causa l’atterraggio di punta. La scarsa partecipazione della parte posteriore del piede é a sua volta motivo di atrofia. Il cuscinetto digitale e le cartilagini alari rimangono fuori funzione, insomma le strutture portanti della parte posteriore del piede sono mortificate.  Igiene precaria, movimento ridotto, ferratura, concorrono tra loro. Mentre lo sviluppo, il mantenimento ed il recupero della funzione della parte posteriore del piede sono attualmente l’oggetto delle ricerche condotte dalla dr. Taylor della Auburn University la fisiologia dello zoccolo ed il confronto con la patologia sono magistralmente descritti nel primo capitolo del libro di Pete Ramey, “Care and rehabilitation of the equine foot” curato dal dr. R. Bowker.

Proprio di Bowker desidero riportare quanto scrive a pagina 32 : Importanza del fettone.

Un piede forte non può non comprendere un “buon” cuscinetto digitale così come cartilagini alari spesse ed un buon sistema di legamenti. La rete fibrocartilaginea (che accompagna e mette in relazione fra loro tutte le parti dello zoccolo adulto) prende origine nel suo sviluppo dal fettone, da quella area che può apparire “gonfia” situata circa un paio di cm. dietro l’apice. Con il passare del tempo e la stimolazione continua del fettone e della area di suola circostante si forma una rete fibrocartilaginea che sostituisce il tessuto mixoide immaturo (mixoide= adiposo, fibroso). Questa trasformazione che interessa inizialmente il tessuto soprastante la parte anteriore del fettone coinvolge poi il cuscinetto digitale e le cartilagini alari stesse. La via seguita, la direzione, pare accompagnarsi alla disposizione di due formazioni legamentose che nel cavallo maturo tengono insieme mettendo in relazione fra loro sia la terza falange che le cartilagini, il cuscinetto ed il tendine flessore profondo e così via. Questa modificazione istologica permette al piede di essere efficiente nella dissipazione della energia che viene liberata nell’impatto dello uno zoccolo di un cavallo, ormai pesante, con il terreno ad ogni passo. L’energia viene trasferita, nel modello di Bowker, dalla rete fibrocartilginea alla rete vascolare che la affianca. (La resistenza opposta al flusso di sangue ammortizza, il calore prodotto viene in parte dissipato nei radiatori rappresentati da una fine rete vascolare che attraversa le cartilagini alari degli animali che, al pari delle altre strutture, hanno potuto dotarsi grazie al movimento, di un piede sano). Il fettone non ha mai la opportunità di compiere questo lavoro di inizializzazione quando a causa della periodica rimozione di parte della sua massa il maniscalco o il pareggiatore lo riducono ad ogni pareggio. Per anni ho assistito alla rimozione con il coltello della parte anteriore del fettone nella pretesa di fare assomigliare qualsiasi zoccolo a quello del mustang.   Nel mustang il fettone è precocemente incallito e schiacciato in una massa assai densa dal continuo movimento su terreni asciutti. Quando il movimento non è così continuo e magari il terreno è spesso umido la stessa massa è di densità inferiore ed occupa un maggiore spazio. Riducendola si espone la parte rimasta e si mortifica la sua funzione. Pazienza quando lo fa il maniscalco abituato ad eliminare parti marcescenti in poveri animali stabulati. Peccato che tanti pareggiatori, ignoranti quanto superbi, continuino a fare questo e tante altre cose senza senso su animali che non ne hanno assolutamente bisogno provocando un danno.

Dal punto di vista tradizionale, confronto

Credo che chiamare “tradizionale” la mascalcia e la mascalcia correttiva non sia corretto. L’approccio antico a qualsiasi problema, almeno nel caso di animali di signori o militari, era la sferratura ed il riposo accompagnato al pareggio da pascolo. O la finale soppressione. Userò ancora l’Adams’ come traccia. Questa terza parte è dedicata più al pareggiatore che al proprietario ma invito entrambi a procurarsi il testo per la lettura o almeno le pagine da 664 a 679. E’ difficile riassumere, il testo ha un impianto giornalistico informativo. Per chiarire, assomiglia più ad un codice civile commentato che ad un testo di istituzioni di diritto privato. O, se volete, ad un codice della strada e non ad un libretto per il conseguimento della patente. Un codice della strada è difficile da riassumere, qualsiasi cosa tagliate è, o pare, fondamentale.

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Ecco, molto diversamente dal protocollo barefoot il protocollo “tradizionale” (Adams’ pag. 672) prevede: la permanenza in stalla con accesso ad un limitato passeggio accompagnata alla ferratura correttiva ed ai medicinali atti a ridurre l’infiammazione. Questo consente in effetti di limitare al massimo il tempo di inutilizzo dell’animale e libera il proprietario o l’addetto da gran parte del lavoro.

La ferratura correttiva, con la ulteriore riduzione dell’elaterio e la esclusione completa dei tessuti danneggiati o immaturi dalla funzione è una contraddizione della riabilitazione mentre gli antidolorifici impongono effettivamente la restrizione del movimento. Non si può chiedere ad un animale di stare attento per non procurarsi altri danni. Se non prova dolore si muoverà. La somministrazione di antinfiammatori è accettata anche nel protocollo barefoot ma quando l’animale è incapace di muoversi e di alimentarsi nonostante la protezione delle scarpe o il terreno particolarmente idoneo. Il bilanciamento dell’attività, il pareggio barefoot, la moderazione nella somministrazione di antinfiammatori coniugati alla libertà di movimento ed alla protezione temporanea dello zoccolo con scarpette consente il migliore compromesso possibile atto alla ripresa funzionale stabile. Il grado di riabilitazione raggiunto è strettamente legato alla situazione di partenza ma non è mai assente o talmente ridotto da non permettere il movimento del cavallo libero senza protezione. I suggerimenti per un esercizio progressivo e controllato (Adams’, 672) sono validi e la loro severità assume rilevanza quando gli animali non sono tenuti secondo le regole del “natural boarding”. Inutile dire che questi animali non sono candidati ad un recupero vero e duraturo. L’infiammazione viene ridotta dai farmaci, probabilmente il cavallo verrà ferrato più tecnicamente da maniscalchi più esperti o con una regolarità prima sconosciuta ma lo stato delle strutture sottratte al lavoro non potrà migliorare, semmai rimarranno silenti. Infatti nel paragrafo “corrective shoeing and trimming” a pag. 672 della 50° edizione in lingua originale dell’Adams’ è riportato: “In uno studio, miglioramenti entro tre mesi sono stati osservati e l’86% dei cavalli rimase libero da lameness per 1 anno”. In un altro: “22 cavalli su 32 mostrarono segni di miglioramento entro 6 settimane dall’inizio della azione di mascalcia correttiva. Non è disponibile però alcun riporto a lungo termine”. Le traduzioni sono letterali.

Questi i fatti a premessa della descrizione della tecnica per la ferratura correttiva.                                                                      Ecco di seguito cosa detta Ovnicek.

A parte i principi base di un efficace pareggio, ignorati dalla massa, l’obiettivo è la riduzione e reindirizzo delle forze insistenti sulla parte posteriore del piede (giusto) e la protezione dell’area interessata (protect the injured region) come avrete ormai capito in parte errato. Come? Iniziamo con la preparazione dello zoccolo per la ferratura.

1 – Solo il materiale di esfoliazione deve essere rimosso dalla suola (e questo dovrebbe essere principio base ad ogni pareggio, sempre).

2 – Il fettone è liberato dalle sole parti malamente attaccate alla massa ed evidenziato il suo margine all’apice. Questo serve ad Ovnicek per l’identificazione prima sul piede e poi sul ferro del punto di breakover.

3 – Si traccia la linea trasversa (TL) alla mediana dello zoccolo nel suo punto di larghezza maggiore. Questo punto di solito si trova collocato ed arretrato di ¾ di pollice, 18 mm. rispetto all’apice del fettone ed è sulla stessa linea dove le barre si vedono o dovrebbero (secondo lui) “annegare” nella suola.

4 – Si individua la zona più ampia del fettone.

5 – Si riduce l’altezza dei talloni e di tutta la parete posteriore alla linea trasversa congiungendo idealmente con un segmento i punti giacenti su TL e i punti che passano per la linea che identifica la parte più ampia del fettone. Abbassare i talloni in questo modo dovrebbe determinare decontrazione, le colonne infatti sono soggette a deformazione quanto più sono lunghe.

La frase che segue (siamo a pagina 673) è spesso ignorata. La riporto: “This generally requires removing the heel so that the hoof wall is approximately 1/16 inch of sole clearance … The sensitive sole at the heels should not contact the ground”. Esiste la possibilità che venga tolto più materiale di quanto richesto da parte di chi non applica correttamente la metodica.

In entrambi i casi qui, nell’ultimo punto, si prevede l’applicazione successiva del ferro e magari di solette interposte o la reale separazione tra ferro e talloni. Una lavorazione simile in un piede da lasciare barefoot ma privo di adeguata consistenza determinerebbe maggiore dolore a causa del limitatissimo spazio tra terreno e strutture interne, postura antalgica, esacerbazione dell’atterraggio di punta e cronicizzazione del problema che forse solo in parte si potrebbe compensare con l’uso di una protezione temporanea come una scarpa e la camminata su terreni idonei. Anche Ovnicek descrive brevemente le cautele maggiori nel pareggiare il cavallo sano che deve rimanere scalzo nel capitolo 9 alle pagine 1096-7. Una tecnica accettabile dalla quale deviano notevolmente coloro che non hanno assimilato correttamente il concetto di natural balance trimming ( impossibile da spiegare in due pagine ) specialmente quando pretendono di individuare e realizzare il breakover arretrandone il punto posteriormente alla linea bianca nella suola. A questo forse contribuisce l’infelice disegno della pagina successiva (fig.9.36). La freccia indicatrice è sistemata in posizione troppo arretrata. Un Esempio di come non comprendere una sola frase o parola o tramite un disegno non appropriato si possono generare comportamenti di massa diversi da quelli desiderati.
Il ribasso dei talloni, come descritto, trova anche altre spiegazioni. Storiche e di costume. Vediamole. Riduce la pendenza dello zoccolo, che gran parte della mascalcia desidera da sempre bassa e prossima a 45° e riporta il piede prima mal pareggiato e lasciato “alto” verso forme considerate normali. Altra spiegazione si trova nella osservazione da parte di Ovnicek del cavallo rinselvatichito e nella trasposizione del suo tallone, spesso basso, nella pratica di pareggio per la ferratura. Una nemesi questa del tallone basso che dalla Strasser ad alcuni interpreti di Jackson fino alla eresia di trasferire diretti i principi del Natural Balance di Ovnicek a cavalli già compromessi ma scalzi ha fatto zoppicare forse più di ogni altra un numero enorme di cavalli.

6 – Tutta la parete, dalla intersezione con TL fino alla punta è poi pareggiata in modo che sporga 1/16 di pollice (1,5 mm.) dal piano vero della suola. (bisogna aggiungere che lo stato del fettone, incassato, eroso, infetto, contratto, può influire sulla determinazione della linea di maggiore ampiezza da collegare poi con i punti giacenti su TL e non è di fatto determinabile con sicurezza se non da occhio allenato. Una manciata di mm. influiscono prepotentemente sul risultato. Anche altri parametri devono essere presi in considerazione. Ad esempio la necessità di realizzare una pendenza dello zoccolo tale da allineare quanto possibile l’asse digitale. Grossolanamente quell’allineamento parete-pastorale tanto descritto ed invocato dalla letteratura. Il ribasso descritto da Ovnicek dei talloni può essere tale da disallinearlo. Ovnicek nel paragrafo successivo cerca di mettere le cose a posto chiedendo il rialzo artificiale del tallone nel caso di mancato allineamento degli assi dorsale e pastorale tramite cunei da montare sui suoi ferri natural balance predisposti apposta per montare accessori.

Desidero aprire una parentesi sull’allineamento pastorale-parete dorsale dello zoccolo che dovrebbe garantire la posizione corretta delle ossa che formano l’asse digitale. Non solo l’animale deve posizionare l’arto correttamente e bisogna essere veloci nell’osservazione. Soprattutto è necessario che parete e terza falange siano tra loro stessi paralleli. Una leggera rotazione, mettiamo di 3°, tra parete ed osso farebbe diventare l’allineamento apparente. Se desiderate ridurre di 3° la pendenza dello zoccolo e avete un piede lungo 12 cm. dovete abbassare l’altezza dei talloni di 6 mm! Magari devastando la piattaforma posteriore dello zoccolo.  Insomma l’allineamento parete-pastorale è solo un elemento per la valutazione dell’insieme. Se leggete quanto ha da dire John Evans per esempio scoprirete che per lui vale poco più di nulla. Basta un leggero movimento del cavallo avanti o indietro a modificare ogni angolo.

7 – Il callo della suola, continua l’Adams’, deve essere lasciato intatto: This modified sole is believed important for the support of the distal phalanx (Ovnicek,1988). Questo ponte sulla suola, descritto in “Under the Horse” ed altre pubblicazioni di P. Ramey è caratteristico ed osservabile solo su suole patologiche ed associato a stati di sofferenza laminare. Riferimento: il disco numero tre di “Under the Horse”, minuto 50. Questo rilievo a semiluna o “ponte” si associa nel barefoot ad uno spessore ridotto della suola e non si osserva in zoccoli sani, corrisponde ad un tessuto particolare che nello zoccolo “sano” rimane annegato nella suola. Ridurlo espone il cavallo a contusioni causate dall’indebolimento di una suola già troppo sottile. Con essa si riduce immediatamente la capacità di movimento del cavallo perché la sensibilità sul terreno sconnesso e pietroso aumenta. Provate a camminare su ghiaia con delle scarpe pesanti e poi con delle pantofole. E’ frequente purtroppo vedere i segni del coltello del maniscalco o del pareggiatore che hanno eliminato questo “ponte”.

8 – Tutti pongono l’accento sulla necessità di arretrare il punto di involo dello zoccolo, breakover, in modo da ridurre quanto più possibile lo sforzo di trazione del DDFT, (digital deep flexor tendon). Le differenze stanno nell’arretrare questo punto (il punto oltre il quale non ci deve essere nulla ad ostacolare il movimento in avanti) alla posizione dove dovrebbe trovarsi naturalmente o addirittura più indietro. E’ necessaria ancora una parentesi, scusatemi, per affermare che nel barefoot il breakover si realizza dove dovrebbe trovarsi senza spingere sull’acceleratore mantenendo invece  un atteggiamento conservativo. In assenza di fretta e se necessario gradualmente, lasciando che l’animale si adatti senza ulteriori traumi alla nuova condizione favorevole. Siete stupiti?  Siamo noi ad essere maggiormente conservativi, più di quanto si possa immaginare.

Viene identificata radiologicamente la proiezione a terra del margine distale della terza falange perpedicolarmente al piano di appoggio dello zoccolo e misurata la sua distanza dall’apice del fettone sul quale si pone un marker, una puntina da disegno, che poiché di ferro rimane visibile nella lastra. Si realizza finalmente nel ferro il punto di breakover tenendo conto del peso dell’animale. In mancanza dell’immagine si considerano apice del fettone e proiezione a terra della punta della terza falange coincidenti. (Purtroppo, ed è una mia nota, peso dell’animale e dimensioni dello zoccolo e del piede non sono lineari tra loro). Ulteriori raccomandazioni: la misura corretta del ferro, tale da coprire l’area dei talloni, l’utilizzo delle sole stampe anteriori a TL in modo da lasciare spazio ad un movimento residuo dei talloni verso l’esterno. (Notate ancora che se è vero che la inchiodatura della sola parte anteriore del ferro lascia spazio ad un certo elaterio della parte posteriore del piede l’ultimo chiodo da ogni lato introduce una discontinuità. Si determina una situazione simile a quella delle faglie terrestri dove due masse contigue si muovono in modo tra loro non uniforme fratturandosi. Non a caso le setole ai quarti sono tipiche del cavallo ferrato). L’ultima nota è sui talloni scivolati, che sull’Adams’ si pretende siano a volte irrecuperabili. A me non é capitato di trovare talloni scivolati al punto di non ritorno. Semmai trovo sul campo talloni estremamente scivolati e ferri applicati con insistenza via via in posizione più avanzata con deformazione crescente.  Un caso eclatante fu quello di Brigitte che trovate nella pagina “studio di zoccoli” del sito www.bitlessandbarefoot-studio.org.

Veniamo al trattamento farmacologico e chirurgico

Il trattamento farmacologico è limitato all’essenziale quando un protocollo barefoot viene applicato da un team di professionisti che non accelerano i tempi. Essenziale significa che il cavallo deve potersi muovere quel tanto da riuscire ad alimentarsi. Non si tratta di crudeltà gratuita ma della neessità di non metterlo in condizione di procurarsi un ulteriore danno pur non limitandone il movimento.

Cosa riporta l’Adams’? Nell’introduzione:

  • il fenilbutazone può essere necessario, may be, quando il cavallo è assolutamente zoppo o deve continuare il suo lavoro.
  • in alcuni casi il fenilbutazone è usato per controllare il dolore in cavalli da concorso.

Non una parola sulla inopportunità di questo utilizzo. Il cavallo è prima di tutto un animale da reddito. Come tale deve produrre, non essere curato. Non gli é consentito mettersi in malattia. La media della durata dell’ “improvement in lameness” riportata é di 3-12 settimane. A seconda delle modalità utilizzate le tecniche si complicano e la spesa per il proprietario diventa elevata. Nello stesso Adams’ l’insieme di questi approcci non viene considerato una cura ma un modo per provvedere ad un controllo del dolore a breve termine, trovate questo a pagina 676. In modo fraudolento magari, per permettere la partecipazione al concorso. Questo è inaccettabile quando il controllo del dolore può essere immediatamente realizzato grazie ad un pareggio tecnico barefoot eseguito secondo le linee di guida suggerite dal protocollo di riabilitazione Ramey – Taylor, con l’uso di protezioni temporanee e di solette di spessore e densità adeguate al peso del cavallo e con una spesa infinitamente inferiore. Altri farmaci che riducono la viscosità del sangue sono utilizzati con riportati alterni e temporanei risultati. L’utilizzo di integratori, glucosammina, condroitina, magnesio ascorbato sembra avere dato buoni risultati nel tempo di due mesi. Sulla elaborazione statistica di questi dati é lecito nutrire dei dubbi e l’uso del condizionale azzeccato.

Sui trattamenti chirurgici infine, la neurectomia, preferisco sia Rooney stesso a pronunciarsi.

La conclusione affidata al dr. James Rooney

In “the lame horse” edito nel ’74 il Dr. Rooney raccomandava il pareggio fisiologico dello zoccolo da lasciare barefoot, la rinuncia a qualsiasi intervento chirurgico, la moderazione nella somministrazione dei farmaci e l’attesa, “tincture of time” che, come nessun altro provvedimento, può condurre il cavallo alla riabilitazione.

Ed ora per concludere la traduzione letterale da “The lame horse”. Il dr. Rooney non era un assoluto assertore del cavallo scalzo. Considerate che “The lame horse” è stato concepito negli anni ’60 e pubblicato nel ’74. Per Rooney il cavallo era comunque al servizio dell’uomo ma ciò non escludeva la logica nel suo utilizzo e non scusava la connivenza del veterinario o del tecnico per lo sfruttamento e fine precoce. Questo piccolo libro non dovrebbe mancare nella libreria di un pareggiatore ed in quella di chi con il cavallo intende competere. Ad ogni zoppia o fatto ortopedico Rooney associa un particolare gesto del cavaliere o un movimento proprio della disciplina.

In memoria di James R. Rooney tratto da “The Lame Horse”. La traduzione italiana segue l’originale inglese.

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“There has probably been more written and said about this little bone than anything else in the horse’s body. First, its function: as mentioned with the proximal sesamoid bones (and this is a distal sesamoid bone) the major function is to maintain a costant angle of inserction for the deep flexor tendon. Fig. 99 shows what would happen if the navicular bone were not present. The angle of insertion on the coffin bone changes markedly as the bones move. Large changes in angle of insertion may be extremely destructive. It is such changes in angle with the snapping of the ligaments around the pastern joint that leads to tearing and nonarticular ringbone, for example. Navicular disease is an arthosis developing on the surfaces of the navicular bone and the deep flexor tendon (fig 100). The cartilage and tendon are damaged first, followed by changes in the navicular bone itself. Osteophytes then appear. Many people have said and still do say that the first changes are within the bone. On the basis of my autopsy experience, this is simply and clearly not true. An interesting exception to this statement is the development of osteophytes on the medial and lateral ends of the navicular bone without damage to the navicular, deep flexor surfaces. This occur, most obviously, in horses with contracted tendons or with a very upright pastern (the same difference). Without pursuing the details, these osteophytes appear because of snapping and jerking of the suspensory ligament of the navicular bone. This ligament runs from the end of the navicular to attach on the lower end of the long pastern bone, just above the pastern joint (fig.101). With the upright pastern conformation there is a tendency for the pastern joint to wobble back and forth, and this wobbling jerks the ligament wich jerks on the end of the navicular bone, and new bone formation is the result (figs. 102,103). The same remedial measures that we shall recommend for navicular disease also apply in this case (see below). The arthrosis develops because of vibration and friction between the navicular and the tendon. Vibration occurs for many reasons: too high heels, too low heels; very hard ground; foot too small for the size of the horse either genetically, as with many Quarter Horses, or because of too enthusiastic trimming; pain in the foot: the horse may put his foot on the ground improperly because he knows it is going to hurt. The pointing of a horse with navicular disease when standing may well have a dynamic counterpart. That is, he will tend to land toe first, instead of the proper heel first, because there is pain in the heel area. (Rear part of the foot not proper developed, infected frog, ndt). This leads to the same mechanical situation, snapping down of the heels to the ground, as with the low heel conformation. I think you can see how the story develops: a low heel may tend to navicular disease, navicular disease leads to pain, which leads to the horse putting his foot down as if he had even lower heel. Hard ground may lead to navicular disease even in a horse with a well built, well trimmed hoof. If the hoof is the slighest bit off to begin with, hard ground adds to the equation. Show jumpers are particularly prone to this disease, as are hunters. It is rare indeed in flat runners or harness horses. As pointed out to me by Dr.Dan Marks, show jumpers describe a steeper parabola over their high jumps than do hunters or steeplechasers, on the average. The show jumper tend to land with his foot as shown in fig. 104, left, while the hunter lands as in fig. 104, right. The latter is proper. In the former the digit position is improper, and vibration will occur when the foot hits the ground. Also show jumpers may jump more in a given season, carry heavier riders, and may be heavier themselves than the long distance hunter: a multiple factor equation as with so many lamenesses of the horse. I should note that nvicular disease is rarely seen in the hind feet, thought it does occur. A fashinating aspect of n.d. is that is not nearly as common as most people, including veterinarians, think. It is diagnosed frequently in flat runnes, and in some places, at least, in harness horses. In fact, it rarely occurs in these animals. We have a condition in those animals which we can call naviculoid disease (like navicular disease). This is a soreness in the heel region that responds to hoof testers and blocks out when the nerve (heel nerve) to that area is blocked with anesthetic solution. Being honest, I have no exact idea what the lesion is; but it is clear that it is not damage to the navicular. This navicularlike disease is associated with the low, underrun heel and the long toe. For the time being, at least, I think it might be a tearing and bruising of the laminae that attach the heel and quarter of the hoof to the underlying tissues. When the heel is kept too short there is less tissue to adsorb the shock of landing, and vibration can occur, damaging the sensitive laminae. Also, the instability and necessity to lift the body weight because of the hoof not cutting into the ground can add further complications.

And now: Trimming the Hoof.

Since I have said so much about this long toe, low heel situation, perhas it would be worthwhile to digress and consider why so many horses are trimmed that way. First of all, and this is true, the wall is thinner at the quarters and heels. The hurried, careless blacksmith can rasp them away much more quickly than he can the thicker wall at the toe. Second, racehorse trainers feel that a horse can go faster, sprint faster, with this type of foot. That may be true. The horse can accelerate himself faster as the foot is leaving the ground. That is because with the longer toe there is a greater moment arm. That means the horse can exert more force against the ground by contracting his deep flexor muscle. The mass is the same. Therefore, since force equal mass multiplied by acceleration and we increase the force, we increase the acceleration. Ergo, the horse goes faster. Note, however, that the horse has to increase the force developed by the deep flexor muscle, which means it is working harder which means it will tire, fatigue, earlier. When the muscle becomes fatigue, it can not position the hoof properly for impact with the ground. In fact it will land heavily on the heel with the toe up. This is the same as the high heel (too high heel) conformation, which leads to vibration and damage either to the navicular or the laminae. How do we prevent navicular disease? Let the horse wear his foot naturally barefoot, and then trim him the way he wears. The horse wears his foot the way he does because that is what is mechanically and biologically correct for him. Your eye and ideas are not nearly as good as nature’s. How do you keep him going when he does have navicular disease? Shorten the toe and raise the heel, making it easier for him to break over, thereby reducing the force the deep flexor muscle has to exert and thereby easing the pain. Cutting the heel nerves is undoubtedly resorted to too often. It is not a cure but, rather, a last ditch, desperation measure. All too often, complete return to soundness does not result and, eventually, the damage to the deep flexor tendon will become so extensive tht the tendon will rupture, and this is the end of the horse.

In my opinion, and that of many veterinarians whose opinion I respect, heel nerving should never be done. If shoeing and proper trimming do not provide at least working soundness, the horse should be retired….”

Italiano

Probabilmente é stato scritto e si è parlato di questo piccolo ossicino più di qualsiasi altra parte del corpo del cavallo. Primo, la sua funzione: come già detto dei sesamoidi prossimali (e questo è un sesamoide distale) la funzione maggiore é quella di mantenere costante l’angolo di inserzione del tendine flessore profondo. La fig. 99 mostra cosa succederebbe se l’osso navicolare fosse assente. L’angolo di inserzione nell’osso cambia significativamente con il movimento della terza falange o del pastorale. Grandi cambi dell’angolo di inserzione possono essere distruttivi. Sono questi cambi d’angolo e lo scatto o schiocco dei legamenti intorno all’articolazione (tra P2 e P3) che determinano il laceramento, la sofferenza e l’artrosi.

(Spero che vi comprerete questo piccolo libro. Ma vi do una mano per capire quanto sia importante il mantenimento dell’angolo di inserzione del tendine nell’osso. Se volete recuperare una freccia che avete lanciato in un paglione dovete tirarla verso di voi. Se non riuscite e sforzate a destra e a sinistra la rompete. Questo succede al tendine o più spesso all’osso dove il tendine si inserisce. Si frattura. Il navicolare non é una semplice carrucola).

La malattia navicolare é una artrosi che si sviluppa sulle superfici dell’osso navicolare e del tendine flessore. La cartilagine ed il tendine vengono danneggiati per primi, seguiti da cambiamenti nello stesso osso navicolare. Quindi appaiono gli osteofiti. Molte persone hanno sostenuto ed ancora dicono che i danni ed i cambiamenti avvengono prima nell’osso. Sulla base della mia esperienza autoptica questo é semplicemente e chiaramente falso. Una interessante eccezione é la proliferazione artrosica sulle faccette mediale e laterale dell’osso senza interessamento delle superfici in relazione con il flessore. Questo avviene in cavalli con tendini contratti o, che é la stessa cosa, con pastorali “ripidi”. E’ il continuo stress, “tearing and jerking” del legamento sospensore a procurare il danno sulle superfici. Questo legamento si estende tra il navicolare e la parte inferiore, distale, del pastorale lungo, figura 101. Con la conformazione “ripida” l’articolazione tra i pastorali ondeggia avanti e indietro stressando il legamento che a sua vota logora il navicolare. Questo logorio esita nell’artrosi, fig.102, 103. Gli stessi rimedi che indico per la Sindrome Navicolare valgono per questa eccezione. L’artrosi si sviluppa causata dalla frizione e vibrazioni fra tendine e navicolare.

Le vibrazioni sono causate da molti motivi:

  • talloni troppo bassi,
  • talloni troppo alti,
  • terreno troppo compatto e duro,
  • zoccoli troppo piccoli per motivi genetici come spesso nel Q.H. oppure a causa del pareggio troppo “entusiasta”,
  • dolore. Il cavallo potrebbe posare a terra il piede impropriamente cercando di evitare il dolore.

L’atterraggio di punta ha però il suo pesante rovescio della medaglia e la risultante é sempre la stessa. Lo sbattere a terra della parte posteriore del piede, la stessa cosa che succede con un tallone troppo basso. Credo tu possa individuare il seguito. Il tallone troppo basso significa sofferenza, la sofferenza conduce ad una meccanica che corrisponde a quella di un tallone perfino più basso. Un terreno troppo duro può danneggiare anche un cavallo ben conformato e pareggiato. Basta un nulla e il terreno troppo duro diventa un addendo che conduce alla malattia.  I saltatori come i cavalli da caccia sono particolarmente colpiti. E’ rara nei cavalli da corsa e negli attacchi. Come mi fece notare il dr. Dan Marks, i saltatori descrivono una parabola più alta, in media, dei cavalli da caccia. Il cavallo da salto atterra con i suoi piedi come nella figura 104 a sinistra. Il cacciatore, a destra. E’ l’atterraggio di destra il migliore. Nel primo la posizione delle ossa del dito (prima, seconda e terza falange) é impropria e l’insieme vibra a contatto con il terreno. Oltretutto i saltatori possono essere sollecitati maggiormente in una particolare stagione ricca di eventi, portare cavalieri più pesanti o essere più pesanti loro stessi rispetto ad un cacciatore specializzato sulla lunga distanza. Un insieme di fattori concorrono, numerosi quanto le cause di zoppia in un cavallo! 

(Pensate ad una persona che salta a terra dal secondo piano di una casa, quindi da sei metri pari a venti piedi, ed a un atleta che compie un salto in lungo di sei metri. Sono sempre sei metri ma la sollecitazione ai piedi ed a tutto il corpo é ben diversa. Il poveretto che scappa è il nostro cavallo saltatore, l’atleta é il cavallo da caccia.)

E’ da notare che la sindrome navicolare si riscontra raramente nei posteriori, se mai lo è. Un aspetto curioso della sindrome navicolare è che non è poi così diffusa come molti, compresi i veterinari, credono. E’ diagnosticata frequentemente in corridori e localmente in cavalli attaccati. In effetti in questi è rara. Abbiamo una condizione che chiamerei “naviculoide” o quasi-sindrome navicolare. Questa è una sofferenza nella parte posteriore del piede che risponde alle pinze ed agli anestetici. Per essere onesti, non ho una idea esatta di ciò che succede ma é chiaro che non si tratta di danno al navicolare, (esperienza autoptica, ndt). Questa sindrome navicuolide é associata alle punte lunghe ed ai talloni bassi scivolati. Posso pensare si tratti di uno stiramento e trauma laminare ai talloni ed ai quarti. Quando i talloni sono tenuti (o diventano, ndt) così bassi c’è poco tessuto, poco materiale ad assorbire lo shock dell’impatto e l’insieme vibra. Le lamine si danneggiano. Se il terreno é troppo duro la punta non può penetrare nel terreno. Lo sforzo per sollevare la zampa é maggiore e tutto questo pesa su una situazione già compromessa. 

Poiché ho insistito tanto su punte lunghe e talloni bassi forse vale la pena di pensare perché gli animali sono così spesso pareggiati in questo modo. Prima di tutto, ed è vero, la parete è più fine ai quarti ed ai talloni che alla punta. Lo svogliato e frettoloso maniscalco può raspare via quelli via più facilmente. Secondo, gli allenatori sentono e forse in qualche modo hanno ragione, che un cavallo può andare più veloce, accelerare più velocemente con quel tipo di piede. Potrebbe essere vero. La punta più lunga significa un braccio…ed un momento, maggiori. Il cavallo può esercitare una forza maggiore contro il terreno contraendo i muscoli flessori. La massa rimane la stessa. Poiché forza è uguale a massa per accelerazione e la forza applicata aumenta il cavallo aumenta l’accelerazione. Il cavallo è più veloce…

(Non voglio fare l’esame di fisica né a voi né a Rooney, l’interessante è che abbiate capito di che si tratta e che la sensazione di potere incrementare la prestazione basta e avanza a far si che in ambiente sportivo si possano prendere delle decisioni dettate dal risultato, peccato che il cavallo non sia una macchina).

Ma state a vedere come continua Rooney…!

…Tuttavia il cavallo per sviluppare una forza maggiore fatica di più e si stanca prima. Quando i muscoli si affaticano non riescono più a posizionare il piede correttamente per l’atterraggio. L’atterraggio sarà in effetti pesante sul tallone (o magari di punta a seconda del distretto maggiormente affaticato, in una parola scoordinato, ndt). In ogni caso come nel caso del tallone troppo alto il risultato sono vibrazioni e danni al navicolare o alle lamine.

Come preveniamo questi danni? 

Lasciate il cavallo scalzo e che consumi il suo zoccolo naturalmente, quindi pareggiatelo in quel modo. Il cavallo consuma il suo piede nel modo più corretto meccanicamente e biologicamente per lui. Voi non avete occhi e idee dello stesso valore della natura.

Come comportarsi quando il danno é fatto?

Accorciate le punte e alzate (lasciate stare in pace, ndt) i talloni facilitando il distacco ed il lavoro del tendine. Diminuirà il dolore.

Si ricorre al taglio dei nervi indubbiamente troppo spesso. Non é una cura ma l’ultima spiaggia, una manovra disperata. Troppo spesso il ritorno alla soundness non arriva e eventualmente il danneggiamento del tendine continua fino alla rottura e questa é la fine del cavallo. E’ mia opinione, e quella di molti miei colleghi veterinari di cui rispetto l’opinione, che il taglio dei nervi non dovrebbe mai essere effettuato. Se la ferratura o il pareggio non ristabiliscono la capacità di lavoro il cavallo dovrebbe essere ritirato.

Note alle figure citate nel testo di Rooney.

La fig. 99 mostra il lavoro all’inserzione del tendine. Pensate ad una freccia infissa in un paglione. Se volete recuperarla dovete tirare la freccia verso di voi. Se tirate ma nello stesso tempo piegate lo stelo della freccia facilmente lo spezzate oppure scomponete la trama del paglione. La freccia rappresenta il tendine, il paglione la terza falange. L’osso navicolare è la guida, obbligata, che vi permetterebbe di tirare la freccia senza piegarne lo stelo.

Le figure 100 è sostituita dall’immagine tratta dal repertorio della dottoressa Kellon riportata nell’introduzione (osso navicolare eroso), le 102 e 103 immagini radiografiche di formazioni artrosiche.

La 101 é uno schizzo dell’asse digitale e del tendine “suspensory ligament”. Al suo posto vi propongo una immagine di proprietà di Paige Poss, cultore di anatomia e membro della American Hoof Association.

Paige Poss, anatomy cards.

Paige Poss, anatomy cards.

La figura 104 descrive le traiettorie descritte comunemente da un saltatore e da un cacciatore. Alta e breve la prima, bassa e allungata la seconda. Il cacciatore in corsa descrive una parabola piatta e atterra di piatto o di tallone, il saltatore atterra invece spesso piatto o di punta. Con l’atterraggio di punta ed il successivo carico, tendine, osso navicolare e accessori vengono sollecitati in modo abnorme e ripetuto. Provate a visualizzare le due traiettorie. Quella del cacciatore è quella propria dell’atleta nella disciplina del salto in lungo.

Ridefinizione della S.N.

Credo avrete capito che parlare di S.N. è improprio. Sindrome vuol dire incerto, indeterminabile con i mezzi di osservazione a disposizione. Poco qui é indeterminato, insicuro, di incerta soluzione. La verità consiste nella semplice immaturità della parte posteriore del piede o in una infezione del fettone o nella ferratura che determinano un movimento scorretto e tutte le conseguenze meccaniche. La ferratura, l’abbandono, la richiesta di un allenatore rozzo, le pretese di un proprietario arrogante sono causa della malattia. Che si determina grazie ad una nonmeccanica del movimento dove le varie parti dello zoccolo sono chiamate a sostenere il loro lavoro malamente in condizioni di inferiorità. Pensate di caricare un camion di sabbia impugnando una pala dalla parte contraria. Provate a caricare la sabbia con il manico e capirete la incongruenza di un atterraggio dello zoccolo di punta anziché di tallone o piatto. La soluzione sta nel recupero delle funzioni grazie all’esercizio adeguato di tutto ciò che è recuperabile. Certo non ci si può aspettare che un vecchietto o un individuo malamente segnato esprima prestazioni ad alto livello. Ma è sicuro che potrà vivere la sua vita e dare soddisfazioni. Su terreni tranquilli o con le scarpette, a lungo.

Vorrei commentare la frase ad effetto dove Rooney ci dice di lasciare che il cavallo barefoot costruisca i suoi piani di appoggio.

E’ indubbiamente corretta. Considerate che alla base c’è uno spazio ed una libertà di movimento che forse non siete abituati ad immaginare. Questo spazio e libertà di movimento devono essere accompagnati dal pareggio tecnico. Una struttura deformata e dolorante deve essere rispettata ed indirizzata. La sua risposta nel tempo letta, considerata. Non abbandonata nell’attesa di una miracolosa “naturale” rivincita. La riabilitazione in un ambiente antropizzato deve vedere necessariamente l’impegno del proprietario assistito dal pareggiatore. Impegno tanto maggiore quanto più le condizioni reali di gestione si allontanano da quelle ideali dove, del resto e significativamente la malattia é sconosciuta. La realizzazione corretta della altezza dei talloni, ricercata ad ogni pareggio, è ciò che fa la differenza fra un pareggiatore ed un taglialegna (Pete Ramey). Su questo sito, nella colonna degli articoli in evidenza, trovate il protocollo di riabilitazione della American Hoof Association  scritto da Ramey-Taylor dedicato a laminite e sindrome navicolare … due sciagure evitabili ma dalle quali una volta colpiti ci si può riprendere.

Bibliografia

http://www.alexbrollo.com/ramey/navicolite.html

Under the Horse, disc 4. P. Ramey

Care and Rehabilitation of the Equine Foot, chapter 29, P. Ramey

The Natural Trim, J. Jackson, page 197

Shoeing: A Necessary Evil? H. Strasser

Navicular No More, H. Strasser

Adam’s, Lameness in Horses, Stashack

The Lame Horse, J. Rooney

American Hoof Association Rehabilitation Protocol”, Ramey/Taylor

Notes and Lectures from Clinics for Professional Trimmers, F. Belmonte

Articles and Lectures, Tomas Teskey

Anatomy of the Equine, Paige Poss

Parassitologia, strumenti

Alcune indicazioni per introdursi alla pratica.

1 – Letture. Dopo avere letto l’articolo di parassitologia che si trova nella pagina pubblicazioni  A Parasitological Study of a Herd of Horses in Italy cercate l’articolo citato, “Parasites All”.  Se non lo trovate scrivetemi, ve lo invio.  Chi é interessato al mondo del molto piccolo troverà utile questo filmato:

Tutorial McMaster egg counting method – YouTube

é relativo alla tecnica di preparazione e conta. Non fatevi impressionare. La tecnica é semplice. Si può fare a meno della bilancia. Su The Horse, l’articolo “Parasites ALL” riporta la tecnica per la conta delle uova “McMuster modificata”. Se avete difficoltà contattatemi.

2 – Questo piccolo monoculare Leica può dare belle soddisfazioni ed é un ottimo passatempo al di la del servizio per il controllo della infezione:

Leitz Optilux – Leica Microsystems

3 – La Chalex Corp. vi può inviare le celle per la conta. Prendetele colorate, sono di utilizzo più facile. Chi sa come procurarsi le celle altrimenti e me lo comunica mi farà una cortesia. Fatevi inviare dalla Chalex il kit completo. Potete farne a meno ma vi complicate inutilmente la vita. Soprattutto se non avete nessuna esperienza di laboratorio. Anche sul sito della Chalex é riportata la tecnica McMuster modificata:

Chalex Corp.

Anagrafe, il chip ed il DNA.

Un articolo dedicato ai sistemi di identificazione degli animali.

Fino al più recente passato, scrivo a settembre del 2013, non mi ero mai preoccupato o occupato di identificazioni. Sotto sotto le ho sempre considerate una scocciatura, appena addolcita dal supposto ritrovamento facilitato. Per questo una quindicina di anni fa feci inserire il chip ai miei cani. Ero spaventato all’idea che potessero finire in un canile senza la possibilità di essere ricondotti a casa. Già allora negli USA i laboratori veterinari offrivano la mappatura genetica. Mi pareva però una complicazione. Chi era attrezzato in Italia per fare quel tipo di analisi ad un cagnolino? Non esisteva, non so nemmeno se esiste ora, una banca dati per il confronto. I miei cavalli, i primi, nati nel 2005, furono marchiati in Austria e non sono obbligato al chip. E’ stato Leonardo deCurtis a risvegliare il mio interesse parlandomi dei possibili problemi diretti o indiretti. Questi non sono facilmente dimostrabili. Non è semplice sostenere la completa inoffensività del chip come non é semplice dimostrarne la pericolosità. Chiunque abbia sostenuto statistica medica conviene, credo, che non ci sono presupposti. O almeno così mi pare e potrei prendere una grande cantonata. L’insofferenza ed il fastidio sono determinati dall’inutilità del sistema, che Leonardo illustra benissimo. Dalla mancanza di possibilità di scelta e quindi dalla limitazione di libertà. Dalla consapevolezza che pochi guadagnano su qualche cosa di cui non si sentirebbe la mancanza e che può essere validamente sostituito da uno strumento tecnico, l’analisi del DNA. Per piccoli e grandi animali.

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Verona?

Perché Verona?

Come ogni anno alla metà di novembre, saremo sommersi da lettere, telefonate e post piagnucolanti di denuncia di condizioni ritenute non idonee, ferrature inappropriate, imboccature severe, cavalli fisicamente e psicologicamente provati. Tra mercatini di paccottiglia inutile e pizzette, nel rumore e nella ressa dopo un viaggio di centinaia di km. Viaggio che soprattutto gli animali patiscono. Verona appartiene ad un mondo parallelo che non appartiene e non si incontra con il movimento barefoot. Tantomeno ironfree. Un mondo che disdegna il nostro e ci allontana. Dove gli affari e le rendite di posizione passerebbero volentieri sopra al cavallo e a tutti coloro che concepiscono un piede scalzo o una bitlessbridle per pochi centesimi. E dove un posto in terza fila è venduto per non perdere una piccola fetta di paganti. Mi domando che cosa può andare a fare a Verona “uno di noi” se non per predisporsi ad un’ulcera.

Affari? Incontrare gente? Proporsi? Ma a chi? Per che cosa?

Vi invito ad una alternativa. Andate al mare, a passeggio nei boschi, divertitevi in campo.

Perché alimentare in qualche modo questa manifestazione sulle spalle degli animali? Disertate. Andate a dare una mano ad Italian Horse Protection, proponetevi per fare uscire un cavallo che avete adocchiato ed é sempre malinconico in un box lurido, tagliate le unghie ad un altro. Insomma fate qualche cosa di utile, magari anche una volta sola. Organizzatevi tra amici e conoscenti per questo ed inviate tutti insieme una bella lettera al comune ed alla organizzazione dichiarando che ne avete avuto abbastanza, che il mercato degli animali e le manifestazioni non sono altro che la propaggine degli zoo di antica memoria. Non ci vogliono ai loro concorsi, mettono di traverso le loro stupide regole funzionali ai loro interessi di bottega, ignorate le loro manifestazioni.

Non sono mai andato a Verona e tutti si stupiscono. Vivo benissimo. Una volta sono stato a Roma Cavalli per presentare un vecchio libro di Pete Ramey tradotto da “Ipparco”. E’ come essere all’estero in un paese di cui non capisci le usanze, inospitale sporco e ignorante. Non credo ci tornerò mai.

Con rispetto per gli animali,

bitlessandbarefoot-studio.org

Attrezzatura, strumenti.

Gli strumenti necessari al pareggio sono pochi e semplici.

Piazzola dal fondo compatto, asciutto e pulito. Riparata ma che consenta al cavallo di guardarsi intorno e di non spaventarsi per rumori o arrivi imprevisti ed improvvisi.

Guanti da giardiniere. Evitare tessuti e sintetico.

Soprapantaloni. Lunghi o corti dipende da voi. Le chiusure a scatto di solito non reggono ed é meglio sostituirle con fibbie dal sellaio.

Scarpe. Robuste ed alte alla caviglia dovrebbero essere con l’inserto in plastica o senza inserto.Le vecchie Timberland vanno benissimo. Gli inserti in ferro sono pericolosi soprattutto se la scarpa non é fatta in Italia.

Pulizia. Un nettapiedi robusto e grande agevola. Nessun nettapiedi provvisto di spazzolino. La spazzola é un attrezzo a se stante.

Raspa. La raspa migliore, é una mia opinione é la Heller black master. Bianca (invernale) o rossa (estiva) non arrugginisce facilmente, si mantiene affilata a lungo. Se avete un paio di cavalli durerà molti anni. Una raspa di qualità, meno aggressiva, é la Save Edge o la Dick.

Manici. Assolutamente individuali. Utilizzo i manici neri della Bassoli. I più grandi. Costano poco e mi ci trovo benissimo. Leggeri e piuttosto fini sono della lunghezza giusta per non aumentare troppo la lunghezza dell’attrezzo senza ingombrare.

Tenaglia. Da 12-14-15 pollici. Adeguata alla stazza del vostro cavallo e del suo piede. Se siete assidui nel pareggio basta anche una Knipex. La tenaglia dovrebbe, una volta serrata con poca forza, avere i taglienti ancora attraversati da un sottile ed uniforme raggio di luce. Tenaglie i cui taglienti chiudono totalmente perdono l’affilatura alla svelta. Si possono affilare e bisogna ricordare di ritoccare i battenti. Meglio un bravo arrotino. La tenaglia FIPFE è un ottimo compromesso qualità prezzo.

Coltello. Uso un coltello a doppio taglio da pochi soldi commercializzato come raschietto. Si affila facilmente con la limetta per la catena della motosega. Se si perde non é un dramma. Coltelli “pregiati” sono di solito invece scadenti e difficili da affilare. Alcuni non prendono nemmeno il filo.

Treppiede. Assolutamente in alluminio. Regolabile a varie altezze. Base a bracci. Evitare le basi tonde. Deve essere provvisto di sella per l’appoggio dello zoccolo nell’incavo. Su cavallo planet ho trovato questo disegno. Riporterei l’autore ma non ne conosco il nome. La sella in ferro è da rivestire, magari ne studiate la curvatura.poggiapiede

Sferrare. Tenaglia per maniscalchi Knipex, art.5700360. Basta un martello se sferrate come me battendo il chiodo con un tagliente. All’americana.

Finitura. Potete utilizzare la tela smeriglio da 60.

Disinfezione. Cercate Villate in letture e leggete l’articolo per la preparazione.

Metro. Stecca metrica per misurare lo zoccolo. Per gli angoli potete utilizzare anche un goniometro e due stecche imperniate.

Annotazioni e macchina fotografica. Ricordate che le fotografie devono essere ridotte per essere spedite. Farle già a bassa risoluzione risparmia tempo. Massimo 500 k.

Nessun altro attrezzo é strettamente necessario oltre all’occhio ed alla pazienza. Se avete a che fare con cavalli pesanti può essere utile per sgrossare la raspa BIG HOOF della Save Edge o meglio la Heller da 17″. Nessun attrezzo dovrebbe essere lasciato in capanne o scuderie ma riposto in casa all’asciutto.

 

 

Certaldo 2!

Nelle vicinanze di Certaldo dal primo al tre novembre.

Decameron

Decameron. Certaldo è il paese natale del Boccaccio.

Tre giornate piene di tecnica di Pete Ramey. Aula, pratica, proiezioni serali.

Lavoro su legno propedeutico all’utilizzo degli attrezzi sull’animale.

Ci incontriamo il 31 sera per una equicena a Certaldo. Chi lo desidera naturalmente altrimenti ci vediamo il giorno dopo alle ore 9.

Il costo, sempre nell’ottica del solo rientro dalle spese, è di euro 30/die. Spuntino per il pranzo incluso.

Informazioni. Gianluca, 328 56 26 703

before trim !after ... trim !!

il gruppo a CertaldoLeonardo Consalvi a Certaldo

 

 

 

Giornate introduttive,23 agosto 2013, Certaldo(FI)

Nelle vicinanze di Certaldo il 23 agosto 2013 dalle ore 9 alle 16.

Informazioni. Gianluca, 328 56 26 703

Poco più di duecento anni sono passati da quando Bracy Clark, veterinario inglese,studiava lo zoccolo del cavallo. Consapevole dei danni provocati dalla ferratura, visse in un periodo che lasciava poco spazio al benessere animale. Alla fine del secolo scorso, il tema è stato ripreso e sviluppato con nuovo vigore. La tecnica, la tecnologia dei materiali, la crescente sensibilità rendono ora possibile il sogno di Clark. Semplice ma non facile la soluzione. Il problema non é più il forzato utilizzo dell’animale ma l’inerzia nel considerarlo incapace . Incapace di camminare e correre su ogni terreno nonostante milioni di anni di evoluzione e selezione lo abbiano dotato di uno degli strumenti di locomozione e propulsione più mirabili. Contro le rendite di posizione, l’omologazione e la pigrizia intellettuale una giornata dedicata all’igiene veterinaria ed alle condizioni che rendono possibile per il cavallo domestico e scalzo l’espressione di un’alta prestazione.