Gestione naturale

Il barefoot e la gestione naturalizzata…

Introduzione dedicata agli studenti partecipanti al convegno del 3 marzo 2107 organizzato all’Università di Teramo.

Ho deciso di raccontarvi prima di accennare a anatomia e fisiologia, per meglio orientarvi nello spazio e nel tempo, quello che faccio insieme ad altri, soprattutto anglosassoni. Con e per i cavalli e per l’uomo, naturalmente. E quello che succede “fuori dal paese”.

Durante i mitici anni 60 e 70, un gruppo di intellettuali era molto attivo nel denunciare le condizioni di vita degli animali negli zoo.
Chiedevano per i selvatici qualche cosa di meglio delle solite gabbie. Spazi dove potessero almeno muoversi, una minima separazione dai visitatori e la possibilità di vivere in gruppo con altri rappresentanti della loro specie. Ai tempi la sensibilità era forse maggiore, la globalizzazione inesistente ed il primato del mondo occidentale ancora saldo, l’economia in crescita dopo la seconda guerra mondiale, i tempi meno stretti ed era possibile avere ed esprimere principi, non solo aspettative individuali.
Lo zoologo Desmond Morris, direttore dello zoo di Londra ed etologi allora molto conosciuti, premi Nobel per la la fisiologia e la medicina nel 1973 come Tinbergen (biologo), Lorenz (medico) e von Frisch (biologo) per citare solo alcuni, riuscirono direttamente o indirettamente a far si che le condizioni di vita di molti animali migliorassero.

All’università di Oxford una moltitudine di biologi tra cui lo stesso Morris e Dawkins conseguirono il dottorato di ricerca con Tinbergen. Alcuni genetisti, evoluzionisti come Dawkins ed etologi posero le basi che favorirono in seguito la organizzazione su base teorica delle scuole di equitazione naturale. Il loro lavoro non è molto conosciuto al di fuori della stretta cerchia dei biologi genetisti ed evoluzionisti. Solo alcuni libri particolarmente divulgativi di Lorenz sono stati tradotti in lingua italiana e questo ha determinato anche in molti laureati a causa della loro incapacità di analisi matematica la conoscenza di solo alcuni principi, anche essi spesso deformati. La genetica e persino il comportamento sono analizzabili compiutamente con l’ausilio della analisi matematica.

Torniamo alla gestione degli animali. In una decina di anni molti zoo del mondo occidentale furono completamente ristrutturati. Io stesso sono testimone di quella di Torino. Spesso furono le famiglie dei visitatori che decretarono il cambiamento, infatti il numero di coloro che visitavano gli zoo convenzionali o andavano ad assistere a spettacoli circensi dove venivano impiegati animali diminuì drasticamente. Da questa evoluzione del comportamento umano nella gestione animale i cavalli e gli asini rimasero esclusi.
I cavalli sono animali “domestici” non selvatici. E a differenza dei cani sono classificati animali da reddito.

Purtroppo per loro “domestico” è un termine che identifica un animale capace di vivere in un ambiente fortemente antropizzato cui sono negate per ignoranza o calcolo le necessità di specie.
Se domestico significa adattato a vivere con l’uomo a che serve dare loro maggiore spazio di quello corrispondente ad una stanza o un’aia, la possibilità di alimentarsi da erbivori e con continuità invece che ad ore fisse? La definizione animale da reddito ne giustifica poi la cura limitatamente a quanto può tornare utile alla produzione.

Nel frattempo, mentre negli zoo gli animali selvatici venivano in parte affrancati dalle gabbie, la bestia da lavoro cavallo si era già avviata alla trasformazione, iniziata la meccanizzazione agricola, in attrezzo sportivo rimanendo nelle poste o transitando nel “box”. Questo ha peggiorato se possibile la vita dei cavalli.
Da lavoratori da impiegare quando necessario e da mettere a riposo ma tenere con cura tra un lavoro e l’altro si sono visti trasformare in attrezzi sportivi sempre a disposizione ma spesso trascurati. Mentre il lavoro si ripresenta come necessità puntuale con l’avvicendarsi delle stagioni, lo sport è una passione che come arriva se ne va.
La ferratura era parte integrante della preparazione al lavoro anche se non sempre ed a seconda dell’animale impiegato, asino cavallo o mulo.
I ferri erano “il male necessario” da togliere ogni volta che lavoro non ce ne era o la stagione era finita.
E semplicemente era sentito come normale considerare necessari i tempi di riposo dalla ferratura. L’animale sportivo, poiché sempre teoricamente a disposizione, non ne gode più.
Una parentesi più lunga di quella che sto per dedicare meriterebbe la bocca. Le redini dell’animale da lavoro erano spesso posate. L’uomo aveva da manovrare l’attrezzo trainato dal cavallo. Di conseguenza spesso l’animale era in capezza, senza imboccatura. E senza paraocchi perché doveva vedere bene dove mettere i piedi nel bosco o su sentieri esposti a differenza del cavallo della corriera lanciato su strada.
L’addestramento sovente era fine e la manovra mediata da richieste vocali. L’addestramento fine nulla altro era che il risultato del gran tempo passato ogni giorno con l’animale. Antonio Broglia, commissario tecnico della nazionale attacchi e figlio di contadini amava ripetere: – chi lavorava con i cavalli, contadino, trasportatore o boscaiolo che fosse, non aveva nessuno ma proprio nessuno con cui parlare tutto il giorno. I comandi vocali e il finissimo controllo erano il risultato delle molte ore passate insieme.
Questi cavalli da lavoro, vera risorsa per la famiglia, venivano lasciati liberi nei boschi o nelle zone aride e improduttive quando il lavoro scarseggiava per ridurre l’impegno giornaliero di pulizia delle stalle ed il costo di foraggiamento.
Se ne possono osservare ancora. Sulle prealpi bellunesi in alcune malghe mi è capitato di trovare in alcuni periodi dell’anno cavalli scalzi che sembrano sculture di Michelangelo forgiate dal lavoro ed in attesa di riprenderlo. Insomma non erano certo rose e fiori ma il cavallo del contadino per molti aspetti stava assai meglio di quello del signore e viceversa ed alla fine della sua pur breve intensa vita produttiva l’animale aveva spesso anche qualche cosa di buono da raccontare. L’immagine del bruto che percuote l’animale era meno comune di quella che oggi si nasconde dietro le gradinate per punire il cavallo con rapidi ed alternati strattoni dolorosi delle redini.

Tutto questo è finito con i centri ippici e i condomini per cavalli dove al box si alterna il tondino. E la domenica il viaggio per il concorso. O il box perpetuo. O i piccoli recinti sgangherati pieni di fango. Quando l’equitazione diventa uno sport per tutti, l’animale non è tra coloro che ne trae vantaggio. Quando è uno sport esclusivo, la selezione, il macello, l’allenamento duro ed il comportamento brutale dietro le quinte è anche più comune.

Questo è sembrato il nuovo destino per i cavalli.
Se non che sempre più proprietari di cavalli e di asini non vedono il loro animale come la “bestia” da tenere chiusa in restrizione di movimento, da tirare fuori dal “box” come una motocicletta da corsa o da cross per fare un giro. A questi proprietari, la gestione ottusa è diventata stretta.

Perché?
Senza essere animalisti queste persone sono diventate consapevoli del maggior grado di benessere e di salute di cui possono godere gli animali governati con dignità e attenzione alle loro necessità di specie. Vorrei rimarcare che non si tratta quasi mai di altruismo. Non dobbiamo aspettarci che l’altruismo faccia parte della nostra natura biologica. L’altruismo va infatti insegnato dai genitori o dagli insegnanti ai figli ed agli studenti come forma di comportamento utile a migliorare le condizioni di vita comune. Nel caso degli animali, assai più distanti geneticamente per il proprietario dell’umano più distante, anche il minimo altruismo non trova giustificazione nella salvaguardia istintiva di una pur piccolissima parte del proprio genoma. L’utile consiste nel minore dispendio di energie necessario al governo e nell’investimento sul futuro .

Come?
La pulizia e l’igiene insieme alla tecnica rendono possibile, economico e performante il piede scalzo.
Sufficiente spazio e libero movimento allontanano e riducono la possibilità di traumi derivanti dalla mancanza di riscaldamento prima dell’allenamento.
La alimentazione di solo fieno ed erba, riducono se non cancellano l’insorgere di patologie gravissime, prime fra tutte le coliche e la laminite, prima e seconda causa di morte del cavallo domestico.
Fioccati, laminati e concentrati sono infatti l’equivalente dell’uso in alimentazione umana di alimenti ad alto indice glicemico responsabili di disordine metabolico.

Chi?
Maniscalchi, biologi, veterinari, agronomi e ricercatori universitari hanno contribuito, ognuno grazie alle sue conoscenze a tracciare, riscoprire sarebbe più onesto scrivere, la strada della parziale naturalizzazione dell’ambiente del cavallo che quando praticata elimina sofferenze, è pratica ed economica, fa rimanere sound gli animali a lungo.

Quando?
Si è arrivati a questo indirettamente. Le tecniche e le conoscenze sono ottime, la diffusione lenta dopo l’esplosione dei primi anni. Al rallentamento ha contribuito la attuale involuzione della nostra società occidentale. Non poco il discredito derivante dalla presenza di individui e gruppi non sufficientemente preparati.
Constatata la vigoria e bellezza dei selvatici scalzi ci si è chiesti se fosse possibile ottenerla nei domestici. Si è cominciato a sferrarli ed a rendersi presto conto che lo zoccolo e la performance dei selvatici dipendevano soprattutto dall’ambiente, alias spazio, movimento, pulizia ed alimentazione. I cavalli che popolano ancora le praterie americane perdono le loro caratteristiche dopo poche settimane dalla cattura.

E’ così che maniscalchi hanno cambiato nome e messo a punto nuove tecniche perché le vecchie erano solo premessa per la creazione di un piano di appoggio del ferro.
Biologi hanno osservato l’ambiente dei selvatici per riprodurne per quanto possibile le condizioni negli ambienti domestici. Agronomi hanno valutato le differenze nel contenuto di nutrienti fra ciò che che contiene la massa di cui si nutre il selvatico sano e ciò che viene proposto nella stalla al domestico pieno di problemi. Tecnici di laboratori americani specializzati nella analisi degli alimenti e ottimizzazione della dieta dei ruminanti per la produzione di carne, latte e derivati hanno creato dipartimenti specializzati per gli equidi. E ricevono campioni di fieno destinato a cavalli da tutto il mondo anglosassone, Australia, Sud Africa, Stati Uniti eccetera. Da qualche anno, grazie a Leonardo de Curtis (AHA) che per primo ha aperto la strada, anche dall’Italia. A prezzi e soprattutto con dettaglio di analisi dei nutrienti senza nessuna competizione possibile da parte dei laboratori italiani ed europei.

E’ nata la “gestione naturale”. Che vi invito a non dimenticare dovrebbe essere meglio chiamata “naturalizzata”. Con essa l’affrancamento dell’animale “da reddito” che non era stato possibile ai tempi dei biologi della generazione precedente alla mia. La diffusione del sistema, costituito dall’insieme di ciò che è stato riscoperto del vecchio governo e delle nuove tecniche, è il primo obiettivo del movimento barefoot sano. Le buone idee e propositi sono inutili se non vengono diffusi. Dalla home page della American Hoof Association: Certified Trimmers are available as clinicians; these experienced trimmers find education to be as important in their practice as is their work at the hoof.

L’obiettivo del “barefoot movement” che è innanzitutto il benessere animale associato necessariamente alla gestione semplice ed economica, si realizza attraverso la partecipazione e capacità del proprietario. E’ il proprietario che passa la maggiore quantità di tempo con gli animali, nessun professionista può sostituirsi a lui nella osservazione e cura quotidiana.
Cura che non è affatto difficile fin quando la situazione non è deteriorata e si posseggono pochi elementari ma logici principi e capacità manuale.
Si tratta di abbandonare degli stereotipi come la ferratura, le fasce e le coperte, i concentrati, il box. O altri stereotipi come la convinzione che l’animale non possa essere mantenuto in controllo senza imboccatura. Si tratta di capire che l’erba non è “uguale” durante le stagione dell’anno e ridurre o sospendere il pascolo primaverile. E di tante altre semplici accortezze da sostituire a comportamenti omologati.
Semmai le difficoltà derivano dall’inerzia che ci caratterizza, dalla paura di cambiare, dalla resistenza pesante opposta da chi vive sugli animali nel tentativo di mantenere rendite di posizione che trovano alimento nella malattia. Nonostante ciò sono sempre di più gli animali che vivono scalzi, mangiano da erbivori, sono condotti in capezza e godono di ottima salute senza causare grattacapi al loro proprietario rappresentando al tempo stesso il migliore biglietto da visita del sistema barefoot di gestione. Capaci di far fronte ad ogni terreno ed impiego come vedrete nel cortometraggio che ho preparato per voi.

Se credete che il vostro cavallo abbia bisogno dei ferri per muoversi con disinvoltura mettetevi in discussione. E’ l’ambiente che dovete modificare.
Se credete che il vostro cavallo abbia bisogno di essere alimentato sempre e comunque con concentrati mettetevi in discussione. Non conoscete gli erbivori e le loro necessità.                      Se credete che il vostro cavallo o asino possa essere impiegato come tosaerba primaverile dovete veramente mettervi in discussione.

La performance richiesta a cavalli senza ferri del passato era molto più dura di quella richiesta a qualsiasi cavallo sportivo di oggi. Il cavallo della statua dell’imperatore Marco Aurelio è scalzo, i romani non conoscevano la ferratura e ciò non ha impedito loro di conquistare l’Europa. Nel vallo Adriano, la più imponente fortificazione ed insediamento militare romano conservato fino ad oggi, non è stato trovato un solo ferro di cavallo. Nè ne parlano gli scrittori del tempo. I mongoli hanno devastato mezza Europa dopo avere fatto migliaia di km con i loro piccoli cavalli scalzi.
La ferratura nata nel Medio Evo e diffusa grazie alla siderurgia faceva fronte alle condizioni igieniche degradate delle stalle e alla necessità di maggiore offesa in battaglia. Se non siete in condizione di trarre vantaggio da una di queste due miserabili situazioni il detto ottocentesco “la ferratura è un male necessario” vi resterà in mano come una paglia corta. Ma inutilmente. La tecnica ed i materiali insieme al comportamento umano si aggiornano.

Franco Belmonte vive a Trevignano R. E’ un biologo da anni impegnato didatticamente nella formazione di pareggiatori e operatori del settore con obiettivo finale l’indipendenza del proprietario nella cura dello zoccolo e alimentazione del cavallo. Fa parte della American Hoof Association, espressione di agronomi, veterinari, ex maniscalchi, ricercatori e docenti universitari. Lui stesso collabora con facoltà di veterinaria ed è autore di pubblicazioni ad argomento podologico e di scienza dell’alimentazione su riviste specializzate nordamericane.

Sito blog : bitlessandbarefoot-studio.org

Spring Laminitis, Laminite Primaverile da Pascolo

www.bitlessandbarefoot-studio.org , newsletter ( 1, 2015 )

The Horse’s Hoof magazine , spring 2015, issue n° 58, the article is published in the section “barefoot news”

english translation – italian – german translation in sequence. 

Spring Laminitis, Prevention

Franco Belmonte, biologist – AHA certified practitioner

In the next one to two weeks, spring grass will start to grow again. Many of the animals that have spent the winter in stables will be put out in pastures or large enclosures; some already stressed by the long restriction of movement that the walker or Sunday stroll cannot compensate for and the daily supply of enriched grains.

Many of these animals are already foundered. Curved walls, flat soles, infection, sensitivity and intermittent lameness, undulations on the wall of the hoof are all signs of current or past sufferings which have not been given the proper attention and where a change of management has not been carried out. It is not those people who, in various guises, have come and gone around the animal yet remained silent who may help to resolve the chronic situation in which your horse has fallen. They may only suggest remedies to the symptoms, which exacerbated or more acute, can no longer be underestimated or ignored. While the environment around the animals has changed quickly, study programs and content are mostly still aimed at production and pastures are dedicated to cattle. Horses work and eat while their short average life span hides the importance of deficiencies and excess food. Many horses live in a perpetual state of compromise and precarious balance that, in spring breaks down. We can avoid further damage by reducing or eliminating grazing. Many still believe that grass is ‘Dr. Grass’. Certainly on special occasions it is, if in limited quantities, particularly in spring when the risks outweigh the benefits. In the most common and authoritative texts such as the Merck Veterinary Manual and ‘Adams’ ‘pasture laminitis’ is one of three recognized causes of inflammation. And how can we not add the famous ‘Founder’ by Jaime Jackson or Pete Ramey’s most recent book?

It is however, not followed by any campaign to raise owner awareness. Only the careful and informed owner can understand, recognize and carry out preventative work. Laminitis does not differentiate between shod or barefoot horses although technically the horse with a shorter wall and correctly finished hoof is less exposed to the causes of separation between the wall and internal structures. Grain, fruit and feed work continuously and would be better avoided, spring grass with its high energy load contributes significantly to loss of control and metabolic imbalance. This is a good time to think about it. We should at least restrict spring grazing to the early hours of the morning, and keep an eye out for the signs that we find on the hoof throughout the year.

translation by Shona Hagger, the list of subscribers to the plea follows the translation in german language. Anyone who would like to sign up for this warning and be added to the list of signatures is welcome, tell me.  (dr.francobelmonte@gmail.com)  And please spread the word.

Primavera e Laminite. Prevenzione.

Franco Belmonte, biologist – AHA certified practitioner

Fra appena una o due settimane l’erba inizierà nuovamente a crescere. Molti degli animali che hanno passato l’inverno nelle stalle usciranno nei pascoli o grandi recinti. Alcuni già provati dalla lunga restrizione di movimento che la giostra o la passeggiata domenicale non possono compensare e una alimentazione giornalmente arricchita da granaglie. Molti di questi animali sono già laminitici. Pareti curve, suole piatte, tarlo, sensibilità e leggere zoppie intermittenti, ondulazioni sulla parete dello zoccolo sono tutti segni di attuali o passate sofferenze cui non si è prestata la giusta attenzione. Cui soprattutto non è seguita una modifica di gestione. Non sono coloro che a vario titolo si sono avvicendati intorno all’animale rimanendo in silenzio che possono aiutarvi a risolvere la situazione cronica nella quale si trova. Forse vi possono suggerire solo rimedi ai sintomi, che inaspriti o riacutizzati, non potranno più eventualmente essere sottovalutati o ignorati. Mentre l’ambiente intorno agli animali è cambiato velocemente i programmi di studio ed i contenuti sono rimasti in massima parte rivolti alla produzione e i pascoli erano dedicati ai bovini, i cavalli lavoravano e consumavano mentre la vita media breve nascondeva maggiormente l’importanza delle carenze e degli eccessi alimentari.

Molti cavalli vivono una perenne situazione di compromesso e di precario equilibrio che proprio in primavera si rompe. Possiamo evitare maggiori danni riducendo o eliminando il pascolamento. Tanti credono ancora che l’erba sia il “dottor Grass”. Certo in particolari occasioni lo è, se in limitata quantità soprattutto in primavera quando i rischi superano il vantaggio. Sui testi più comuni ed autorevoli come il Merck Veterinary Manual o l’ Adams’ la “pasture laminitis” è una delle tre cause riconosciute di infiammazione. Per non citare il famoso “Founder” di J.Jackson o il nuovo libro di Pete Ramey.

A questo però non fa seguito nessuna campagna di sensibilizzazione dei proprietari. Solo il proprietario avveduto ed aggiornato può rendersi conto del gap esistente e fare opera di prevenzione. La laminite non seleziona tra cavalli ferrati o scalzi anche se il cavallo tecnicamente pareggiato con una muraglia più corta e correttamente finita è meno esposto alle cause di separazione tra parete e strutture interne. Granaglie, frutta e mangimi lavorano continuamente e sarebbe bene fossero evitati, l’erba primaverile con il suo carico di energia contribuisce in modo determinante alla perdita del controllo degli equilibri metabolici. Questo è un buon periodo per pensarci. Limitiamo almeno il pascolo primaverile alle prime ore del mattino e facciamo caso ai segni che tutto l’anno troviamo sullo zoccolo.

Frühlingshufrehe, Vorbeugung  

Franco Belmonte, biologist, AHA Certified Practitioner

In den nächsten zwei Wochen wird das Gras wieder anfangen zu wachsen . Viele der Tiere, die den ganzen Winter im Stall verbracht haben, werden auf die Weiden oder in große Gehege hinausgelassen. Manche von ihnen sind ziemlich gestresst von der langen Zeit eingeschränkter Bewegung, was der Sonntagsspaziergang oder das Karussel nicht ausgleichen können, und dazu ist ihre tägliche Diät mit Getreide angereichert.

Viele von diese Pferden sind schon an Hufrehe erkrankt. Gebogene Wände, flache Sohlen, Infektionen, Empfindlichkeit und leichte Lähmungen, Wellen an der Hufwand sind Zeichen aktueller oder vergangener Leiden, denen man nicht die nötige Beachtung geschenkt hat; vor allem wurde die Haltung der Tiere nicht geändert. Diejenigen, die mit den verschiedensten Titeln nur um euer Tier herumgehen ohne eine Aussage machen zu können, können euch nicht helfen, dieses chronische Problem zu lösen. Sie können höchstens zu Heilmitteln gegen die Symptome raten, die, sobald sie heftiger oder akuter werden, nicht mehr übersehen oder ignioriert werden können.. Während die Umgebung, in der die Tieren leben, sich schnell verändert hat, sind die Studienprogramme dieselben geblieben, grundsätzlich auf die Produktion bezogen, die Weiden waren für die Rinder reserviert, während die Pferde für die Arbeit gebraucht wurden, und ihr durchschnittlich kurzes Leben verbarg die Wichtigkeit mangelnder sowie übermäßiger Ernährung.

Viele Pferde leben in einem andauernden Kompromiss und prekären Gleichgewicht, das im Frühling unterbrochen wird. Wir können schlimmere Schäden vermeiden, indem wir dieWeidezeit reduzieren bzw. eliminieren. Viele denken noch, dass das Gras gleich “Doktor Gras” ist.Gewiss ist es das in bestimmten Situationen, sofern in geringen Mengen, besonders im Frühling, wo die Risiken die Vorteile überwiegen. In den meistbekannten und angesehenen Werken wie das Merck Veterinary Manual, und ‘Addams’ ist die “pasture laminitis” eine der drei anerkannten Entzündugsursachen. Ganz zu schweigen von J. Jackson’s berühmtem “Founder” oder Pete Ramey’s kürzlich erschienenem Buch..

Leider gibt es dafür keine Sensibilisierungsaktion der Besitzer. Nur der Besitzer, der sich selbst informiert, kann das verstehen, erkennen und Vorbeugungsmassnahmen ergreifen.. Hufrehe unterscheidet nicht zwischen beschlagenen und nicht beschlagenen Pferden, auch wenn ein Pferd, das mit einer kürzeren Hufwand richtig geraspelt ist, weniger den Ursachen der Trennung der äußeren Hufwand von der inneren Struktur ausgesetzt ist.Getreide, Obst und Futter sollte besser eliminiert werden, das Frühlingsgras mit seiner hohen Energie trägt am meisten dazu bei, dass die Kontrolle des metabolischen Gleichgewichts verloren geht.

Es ist beste Zeit, darüber nachzudenken. Begrenzen wir zumindest in den ersten Morgenstunden das Weiden im Frühling und geben wir mehr acht auf die Veränderungen, die wir im Lauf des ganzen Jahres am Huf bemerken.

Translators:     Francesco Volpe VMD, Maria Gabriele Scheffels

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firmato da, signed from:

Gianluca Balzani, natural boardingg

Franco Belmonte, biologist

Francesca Bianchi, biologist

Stefano Bisi, trimmer

Valentina Bonera, riding instructor

Marco Campara, trimmer

Valerio Contarini, DVM

Leonardo Consalvi, trimmer

Leonardo de Curtis, physicist, trimmer

Gianmarco Fabbri, natural boarding

Shona Hagger, veterinary nurse, GB

Susanella Noble, CNBBT-Hawaii,USA

Marianna Millotti, trimmer

Cesare Ninassi, DVM

Michela Parduzzi, pharmacist

Stefano Parduzzi, MD, orthopedic surgeon

Marco Sasso, natural boarding

Tomas Teskey, DVM, Arizona,USA

Francesco Volpe, DVM

Chi vuole sottoscrivere e desidera essere aggiunto all’elenco dei firmatari è benvenuto. Diffondetela in ogni modo possibile, così come è stata qui proposta nella sua interezza in lingua italiana ed inglese. (dr.francobelmonte@gmail.com)

www.bitlessandbarefoot-studio.org

 

 

In Turchia, Barefoot e cavalli stabulati, una lezione “turca”

Partendo per la Turchia, per sferrare e pareggiare cavalli nella provincia di Mugla, non sapevo certo cosa avrei trovato. Nelle mail precedenti alla partenza ho chiesto ai proprietari dei cavalli di provvedersi di aceto, solfato di rame, antibiotici e antifungini nella previsione di trovare animali con fettoni in pessime condizioni.

Con grande sorpresa i fettoni erano in ottima salute nonostante il ricovero notturno dei cavalli in box provvisti di lettiera di truciolo di legno (uno strato di truciolo di circa 10-20 cm su base di cemento) e la permanenza diurna in paddock della dimensione di circa 30 metri per 20. I cavalli devono essere chiusi dentro i box la notte per varie ragioni.

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Paddock Paradise – Track System

di Alberto e Franco

Riporto il botta e risposta su un argomento attuale, la gestione del cavallo in spazi organizzati.

Non ho cancellato nulla. A tratti la passione e l’esuberanza uniti alla volontà di trasmettere le proprie esperienze può far sorridere. Non sottovalutatele e apprezzate la sincerità. Ogni riquadro corrisponde ad un intervento. La discussione è pubblica e forse ancora verificabile anche dai non iscritti al vecchio barefooter forum. Accedendo al forum nella parte “gestione generale ed addestramento” chi è curioso può risalire alla paternità degli interventi. La discussione risale a qualche anno fa. Ben poco é cambiato da allora. Semmai al benessere degli animali si sono aggiunte considerazioni sul benessere e qualità della cotica erbosa dei pascoli ed alla difficoltà di far quadrare le due cose. Su questo verte la nota finale.

foto

Come introduzione vi presento il lavoro di Francesca e Alessandro in provincia di Roma, Trevigiano Romano. Di idee chiare e realizzazione veloce F. e A. hanno organizzato lo spazio sulla collinetta dove tengono i cavalli e stanno realizzando una area drenata. Segue il paradise realizzato da John Fitch. John vive nello Utah. E’ uno dei fondatori della American Hoof Association ed istruttore della PHCP. A seguire l’esperimento di Erica a Manziana.

John Fitch paradise

John Fitch paradise  –  http://utahhoofcare.com/

We believe that “as close to natural” husbandry is part of the art of keeping horses, that’s why we have provided a pea gravel track around a 3 acre pasture for them to live on. Hay is spread out randomly around the entire circumference of the track to encourage the horses to be constantly moving. At first moving forward to find a better bite of hay and later to find that last remaining pile. The width is somewhat of a squeeze to encourage forward movement and for more economical use of pea gravel. Pea gravel cleans and stimulates the wall and sole while providing a clean place to roll and a dry, malleable place to stand and articulate a toe downward to unload the navicular bone and slack the deep digital flexor tendon. Looking down the track the horses see a seemingly endless place to run forward. All six of our horse often can be seen racing around the track as fast as they can go. Tearing through the corners and sliding to a stop until the Alpha, Trigger, signals that it is time to practice one more time how to outrun a mountain lion. If you are interested in building your own track give me a call and I’ll answer any questions you may have.

Erica, Isola dei Cavalli

Isola dei Cavalli, Manziana (Roma). Erica ha realizzato un ampio corridoio che i cavalli possono utilizzare per i loro spostamenti tra le due zone di soggiorno. Il corridoio é drenato, di ampie dimensioni a vantaggio della sicurezza, permette ad animali e mezzi meccanici di muoversi con disinvoltura. Qualsiasi struttura deve necessariamente essere adeguata alla circostanza. Non credo si debba applicare uno standard se non alla sicurezza grazie al buon senso. I cavalli in questo caso possono esprimere la voglia di movimento e la loro velocità senza rischio. Collegando due diverse zone é superata la “esigenza” di un anello chiuso. Certo qualsiasi idea e lavoro possono essere mortificati dall’eccessivo carico animale e dalla scelta di materiali non idonei.

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