L’articolo che segue è stato pubblicato sul secondo numero di questo anno (2010) sul Notiziario delle redine lunghe a cura del Gruppo Italiano Attacchi.
Chi di voi ha letto il racconto pubblicato sul notiziario n°2 del 2009 ha già un’ idea della mia vita con i cavalli.
Acquistati che avevano solo sei mesi, non avrebbero potuto “esserepresiedattaccati”
Mentre crescevano ho avuto tempo e modo di instaurare con loro un rapporto fatto di nulla se non stare insieme, movimenti, dialoghi tramite il linguaggio del corpo in attesa che arrivasse il momento di metterli davanti ad una carrozza. Pur pesanti come sono diventati, otto e nove quintali, sanno essere veloci ed eleganti nei movimenti e mi piace osservarli quando trottano fieri con passo rilevato.
Forse perchè sarebbe come andare con un trattore in autostrada (colorita espressione dell’amico Arcioni) mi limito a fare passeggiate ed escursioni in campagna invece di dedicarmi a gimkane e coni. Almeno per ora.
Le mie passeggiate… sono limitate purtroppo dalla condizione delle strade della regione e dalla trascuratezza di noi italiani capaci di trasformare in piccole discariche tutto ciò che non è delimitato con ringhioso filo spinato.
Pazienza, questo non ci ha impedito di fare una ricerca che è in corso e tentare una specializzazione.
Lasciatemi introdurre alcuni passi della prefazione di “La montagna a modo mio” di R. Messner e di commentarli brevemente . Riuscirò più facilmente a illustrarvi il mio modo di attaccare e andare a spasso con i cavalli.
Non intendo paragonarmi….ho trovato analogie sulla quali mi sono fermato a pensare.
Il passo seguente è suo.
“…se attraverso un deserto mi manca l’acqua, se affronto il mare polare in inverno mi manca la luce, se scelgo l’Antartide devo patire il freddo, se vado nella giungla mi manca l’orientamento… l’uomo è un essere carente… che costruendo intorno a se una rete di protezione costituita da aerei, elicotteri e tecnologie sofisticate riduce l’ambiente ai propri bisogni rinunciando alla ricerca dei propri limiti…”
Messner non ritiene avventura quella vissuta in maniera tale da nascondere le incapacità, eliminare il rischio e la scomodità. Il rischio in una impresa aumenta man mano che l’esposizione cresce ed intende come maggiore esposizione la maggiore fragilità degli equilibri cui si affida l’uomo quando affronta la natura nudo.
Considera avventura un’impresa spaziale nonostante l’estrema pianificazione ma non viaggiare da Milano a Roma con una macchina mezza scassata. Si rischia solo di arrivare tardi. Non è avventura sorvolare il Borneo con un bireattore!
Di qui la sua rinuncia ai mezzi meccanici, agli “AIUTI” di ogni genere per trovare il proprio limite. Meglio rinunciare ad una ascensione piuttosto che barare con la montagna tramite il ricorso a mezzi artificiali. Intendiamoci, non ricerca del limite per sciocca ebbrezza del pericolo ma allenamento e metodo per vincere il limite e spostarlo ogni giorno un po’ più in là.
Allora rinuncia ai chiodi ad espansione o, tornando ai cavalli, rinuncia ad un finimento contenitivo. Rinuncia alla bombola di ossigeno come agli zoccoli ferrati, ad un ricevitore satellitare come ad un Liverpool. Per lui la rinuncia ad un compagno di viaggio in cambio della solitudine e per me a quella dei freni.
I miei cavalli non sono ferrati, unica salvaguardia occasionale sono le scarpette di gomma per gli zoccoli anteriori.
Non hanno imboccatura. Indossano una briglia del dr. Cook, una capezza specializzata.
Non hanno paraocchi. Possono integrare i loro sensi e vedere dove mettono i piedi ma spaventarsi per una cabina elettrica appena installata.
Non porto la frusta. Mi affido alla voce ed alle redini che tramite la capezza esercitano una innocua pressione sul muso.
E’ con questa filosofia nell’affrontare le cose in un modo “inutilmente pericoloso” che vado in carrozza. Certo non posso andare ovunque vorrei, devo scegliere a volte una strada più lunga ma praticabile per gli zoccoli dei miei cavalli sferrati. Sono costretto a cercare una via. Non la trovo bella pronta, tracciata, diritta, magari corta.
A volte sono gli animali che mi fanno capire che non è giornata.
Sono limitato.
Tuttavia appagato da ciò che diventa via via possibile. Con cavalli più sereni e sani senza la bocca ed i piedi offesi dal ferro.
Nel rapporto stretto alla pari, di fiducia estrema nell’animale, trovo la soddisfazione di compiere ancora gesti diventati inutili con i cavalli.
Gesti che hanno perso il senso che avevano, in un mondo che non si muove a cavallo e che riconosce come unità di misura il KW.
Ecco un passo del grande Reinhold:
“…mi sono sforzato di assumere un atteggiamento di estrema modestia e rispetto. E’ così che ho cominciato a conoscere il linguaggio del corpo, ho cominciato a esprimere ciò che pensavo e a sperimentare il mondo alla velocità del pedone … procedendo alla velocità di chi cammina, in salita o in piano…”
Sembra scritto per noi.
Dr. Franco Belmonte
Biologo